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X-Men: alle origini del retaggio

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Nel 1963 la Silver Age Marvel non ha ancora espresso tutto il suo potenziale. Dopo aver parlato alla gente dei problemi dell'uomo comune con superpoteri, il tandem collaudato Stan Lee-Jack Kirby propone ai lettori degli Stati Uniti un interessante e innovativo sguardo sulla diversità.
In piena guerra fredda, con il costante timore che l'equilibrio precario tra i blocchi potesse incrinarsi e sfociare in una guerra atomica, Marvel Comics pubblica The X-Men, ricettacolo di una nuova umanità a tratti mostruosa, percorsa da una gamma di tematiche collaterali che vanno dall'accettazione del diverso e alla coesistenza fino alle problematiche xenofobiche, e a quelle "canoniche" legate ai risvolti degli esperimenti atomici.

Vettore della diversità saranno i mutanti, o homo superior (secondo la dizione xavieriana), esseri umani nati con un particolare gene (chiamato dallo stesso Xavier, con un lieve moto di protagonismo, "gene X") in grado di conferire al suo portatore sorprendenti abilità, in genere a partire dalla pubertà (anche se numerosi sono i casi di mutanti bambini). Sfortunatamente sul binario parallelo delle abilità viaggiano deformità o problematiche legate al potere acquisito, aspetti che portano presto alla discriminazione dei mutanti da parte delle frange più estreme della società; discriminazione che, ovviamente, coinvolge anche i più ingenui, spaventati e diffidenti membri della popolazione umana.

Siamo nel luglio del 1963 (l'albo sarà tuttavia marcato settembre) quando esordisce il primo numero di The X-Men, che inizia a narrare le avventure del supergruppo di giovani mutanti raccolti attorno alla guida di Charles Xavier.
Nella prima squadra (ben diversa da quella che vedremo al cinema in "X-Men: L'inizio") militano un Ciclope ancora inesperto e insicuro, una Bestia inizialmente dall'aspetto umano e priva della pelliccia blu che lo ha caratterizzata negli anni successivi, un Angelo molto più disinvolto e meno oscuro, un Uomo Ghiaccio inizialmente più vicino a un pupazzo di neve, e Marvel Girl, Jean Grey all'epoca dotata dei soli poteri telecinetici, con i poteri telepatici sotto chiave in seguto al trauma della morte di Annie Richardson.

Con il primo numero inizia così un'epopea destinata a durare negli anni, tra gli inevitabili cambi di team creativo e le rivoluzioni e ai riassestamenti narrativi che una serie ormai cinquantennale non può che imporre.
Lo stile narrativo della serie è fresco, nonostante le implicazioni discriminatorie arrivino in breve tempo ad appesantirne i toni; il tratto di Kirby non è ancora quello definito che lo renderà noto a tutto il mondo, ma presenta già in nuce alcuni elementi di quello che verrà in futuro, come si evince dai primi piani dai toni netti e, soprattutto, dalle splash page iniziali, veri e propri saggi della potenza e del grande dinamismo stilistico.
La storia comincia in medias res, mostrandoci una sessione di allenamento dell'ancora incompleto team iniziale, con tavole in cui Kirby si diverte in brevi dimostrazioni del potenziale di ogni membro, in una tensione ludica che si scioglie con l'arrivo di Jean, che subito catalizza l'attenzione dei quattro giovani (e, come si scoprirà in seguito, anche quella del loro mentore).
Accanto al gruppo di partenza, The X-Men #1 introduce anche il polo negativo di tante trame a venire, Magneto, signore del magnetismo e giurato rivale (nonché, un tempo, fidato amico) di Xavier nel tentativo di trovare una risoluzione alle problematiche di convivenza tra umani e mutanti.
I giovani mutanti, nelle ventitre pagine concesse loro dal "Sorridente" Stan, salvano la situazione e si guadagnano la gratitudine dell'esercito americano. Ma la situazione è ben lungi dall'essere definitiva, perché nel giro di un paio d'anni la calma apparente si incrinerà: con il numero 14 Stan Lee, affiancato alle matite da Jay Gavin (Kirby aveva lasciato le matite al numero 12, pur fornendo schizzi e layout per i cinque numeri successivi), introduce nelle vite dei giovani uomini-X Bolivar Trask e le sentinelle, affiancate da un potenziato senso di paura e odio che daranno inizio a una nuova caccia alle streghe.
Una cosa interessante da notare è la paura e l'odio che i mutanti riescono, in breve tempo, ad attirare su di sé, situazione che non si verifica con gli altri supereroi Marvel (se non in tempi più recenti), nemmeno con quelli la cui affiliazione ai "buoni" è più volte messa in dubbio (si pensi a Spider-Man).

La prima fase narrativa regala ai lettori personaggi destinati a entrare nella storia della serie e dello stesso Universo Marvel, dallo Svanitore a Blob, da Scarlet e Quicksilver alle Sentinelle e al Fenomeno; non mancarono poi le apparizioni di celebri personaggi quali i Vendicatori, Namor o Ka-Zar.
A voler essere proprio precisi, il primo mutante Marvel non è uno dei giovani allievi di Xavier, bensì Tad Carter, protagonista della breve storia The Man in the sky! (di Stan Lee e Steve Ditko) apparsa per la prima volta su Amazing Adult Fantasy #14 (che in quegli anni aveva più volte cambiato nome e che, nata come Amazing Adventures, sarebbe deceduta con il numero successivo, il 15, come Amazing Fantasy, lasciando in eredità un ben noto arrampicamuri), che precedette di un anno The X-Men. In quella breve storia Tad Carter scopre di avere poteri telecinetici, che lo rendono il fulcro dell'odio ottuso di un gruppo di ragazzi che lo temono perché diverso. Concentrandosi riesce a usare i suoi poteri per volare e, mentre è in cielo, viene contattato telepaticamente da una figura anziana che lo esorta a raggiungerlo per attendere, assieme ad altri che come lui sono "mutanti" (è la prima volta che il termine viene utilizzato), il giorno in cui la convivenza pacifica sarà possibile.

Dopo un decennio di alti e bassi, mensilità e bimestralità, nonostante l'apporto di autori come Roy Thomas o Neal Adams, la serie chiude con il numero 66, ma prosegue nella sua numerazione per i primi anni '70 proponendo ristampe a cadenza bimestrale; poi, nel 1975, con Giant Size X-Men, Len Wein e Dave Cockrum regalano al mondo un nuovo team mutante, figlio di un modo meno ostile alla diversità, frutto della contestazione e della società interrazziale. Per la prima volta in casa Marvel si vede un gruppo dalla composizione multietnica che, preso in mano da Chris Claremont a partire dal numero 94, verrà da questi portato fino ai primi anni '90. Il nuovo team, composto da Tempesta, Colosso, Nightcrawler, Wolverine, Banshee, Warpath, Sole Ardente e dall'ubiquo Ciclope, diverrà la matrice delle storie a venire di una famiglia destinata ad espandersi sul piano sia narrativo che editoriale.

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