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In arrivo un film di Tokyo Ghost della Image

  • Pubblicato in Screen

THR riporta che il regista Cary Fukunaga (True Detective, Maniac, No Time to Die) dirigerà un film tratto da Tokyo Ghost, la serie Image Comics di Rick Remender e Sean Murphy, che abbiamo recensito qui.

La storia è ambientata nell'arcipelago della Nuova Los Angeles nel 2189, l'umanità non è diventata altro che un mare di consumatori, lupi famelici, vittime di contaminazioni tossiche, obbligati ad elemosinare e rubare per poter comprare la prossima "droga digitale". Ottenere un brivido, una distrazione dalla realtà, è l'unico motivo che spinge le persone a vivere. L'entertainment è la più grande industria, la droga di cui tutti hanno bisogno, governata da gangster che per amministrare la loro "legge" necessitano di tutori dell'ordine adatti, ossia spietate macchine omicide. Led Dent e Debbie Decay sono due di questi spietati killer a cui verrà affidata un'insolita missione fuori dalla decadenza di LA: la loro destinazione è la misteriosa nazione perduta conosciuta con il nome di Tokyo.

Legendary sta sviluppando il film con lo stesso Remender che scrive anche la sceneggiatura. Fukunaga produrrà il film con la sua Parliament of Owls insieme a Hayden Lautenbach e Jon Silk di Silk Mass.

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Death or Glory 1, recensione: una corsa contro il tempo e gli psicopatici

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Il claim è davvero incisivo, ammettiamolo: “Cinquemila miglia, quattro colpi, tre giorni, due psicopatici e una donna che ne ha abbastanza”. Solitamente sono quelle frasi impattanti che servono solamente a vendere, ma qui risulta tutto vero. Rick Remender non ha bisogno di “atti di fede”, ha dimostrato più volte il suo talento, sbarcando anche in tv con la trasposizione del suo Deadly Class, sempre edito in America per la Image Comics.

Siamo a Yuma, in Arizona, ovvero negli Stati Uniti, al confine con il Messico. Quell’estremo sud ovest che più volte ci è stato narrato.
Scena iniziale: in un fast food verso orario di chiusura, due dipendenti sono intenti a finire le faccende per poter tornare alla loro vita. Si presenta un uomo con modi gentili ma palesemente freddi e particolari. Ordina 123 hamburger. I due ragazzi credono sia uno scherzo ma l’uomo insiste in maniere educata, sottolineando il loro dovere. Al rifiuto da parte del personale, l’ultimo cliente rimasto cerca di mandar via l’uomo ma questi estrae un’arma alimentata ad azoto liquido e ammazza i tre disgraziati. Il richiamo, evidente, è a Anton Chigurh di Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen.

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Nella scena successiva siamo in un garage e facciamo conoscenza della protagonista della storia: Glory. Mentre salda pezzi di un’automobile, capiamo subito che è una meccanica bella tosta e Remender ci introduce in maniera brutale in ciò che sta per fare.
Dopo il prologo, l’autore ci fa conoscere il vissuto della ragazza. Un’infanzia a bordo di un camion. Una vita on the road dopo che il padre ha lasciato il lavoro frustrante che aveva. Ora è proprio quest’ultimo che ha bisogno di cure, non avendo assicurazioni sanitarie. Ha bisogno di un trapianto di fegato entro settantadue ore. Glory decide di compiere una rapina ai danni dell’impresa criminale dell’ex marito. Da qui partono le vicende frenetiche della storia, con sequenze adrenaliniche: inseguimenti mozzafiato, sparatorie di ogni genere, morti assurde, che vengono alternate a rallentamenti (anche se brevi) di dialoghi intimi e tranquilli e flashback che cercano di mettere chiarezza su alcuni punti.

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I toni della narrazione sono sopra le righe, il racconto è frenetico ma Remender e Bengal hanno calibrato tutto in maniera minuziosa e precisa. Si nota la maestria nel saper tessere le vicende, arrivando al punto estremo di velocità, ma senza superare la soglia che porta al disordine e caos.
Per quanto riguarda il contesto sociale messo in atto tramite un worldbulding accurato il team punta l'occhio verso il sud degli Stati Uniti. Da Southern Bastards a Redneck, anche Death or Glory contestualizza uno spaccato noto agli americani. Il mondo dei camionisti è il perno migliore su cui far ruotare una vicenda sincopata e veloce, mescolata saggiamente a scene dove si comprende il loro modo di vivere e le scelte di libertà che comportano con i loro pro e contro. Ogni trucker sa che quella è la propria famiglia. Una famiglia che conosce le abitudini, la difficoltà e la bellezza del vivere senza restrizioni. Ci sono ognuno per l’altro, qualsiasi sia la posta in gioco, come quella di Glory.

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I disegni sono affidati al noto fumettista francese Bengal, che infonde dinamismo alle tavole grazie ad inquadrature cinematografiche dal grande impatto. Le scene d’azione sono spettacolari e molto dettagliate e ci catapultano in inseguimenti mozzafiato e sparatorie adrenaliniche. Molto belle le scelte stilistiche delle scene di violenza, che sottolineano la crudezza di determinati atti e soprattutto evidenziano la brutalità del tema.
Il tratto pulito e le linee precise risultano perfette con il mood della storia. La sinuosità delle anatomie e la plasticità dei movimenti dei personaggi entrano in sinergia perfetta con il design dell’altro punto focale del fumetto, ovvero i motori. Auto e mezzi meccanici sono curati minuziosamente.

Il primo volume di Death or Glory ti porta su montagne russe emotive e narrative che ti invogliano a continuare la lettura. L’edizione Bao Publishing è un cartonato 17x21 cm molto curato che presenta, altre al fumetto, gli studi dei personaggio dell'auto di Glory.

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Seven to Eternity 2, recensione: Le scelte definiscono l'uomo

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All’inizio degli anni 2010, Rick Remender è uno degli sceneggiatori più quotati in casa Marvel. Con un passato alle spalle come inchiostratore e autore indie, Remender conquista pubblico e critica con un ciclo al fulmicotone di Uncanny X-Force, ultima grande serie mutante insieme al Wolverine & the X-Men di Jason Aaron, prima del ridimensionamento del “brand X” autoindotto da una Marvel che aspettava di rientrare in possesso dei diritti di sfruttamento cinematografico dei personaggi, circostanza verificatasi, come è noto, solo di recente. Subito dopo aggiunge al suo ricco curriculum anche una fortunata sequenza di Secret Avengers in cui, tra l’altro, crea i presupposti per la trasformazione di Carol Danvers, Ms. Marvel, nel nuovo Capitan Marvel che vedremo presto al cinema, e lancia Uncanny Avengers, testata campione di vendite che vede riuniti in un solo gruppo alcuni tra i membri più amati di Avengers e X-Men.

A questo punto la consacrazione di Remender come “architetto” Marvel al fianco di scrittori come Aaron, Bendis e Hickman è cosa ormai fatta. Nel 2014 esce Axis, evento che coinvolge i principali eroi Marvel ma il successo non è quello sperato. Inoltre, la sua proposta di rilancio per Uncanny X-Men non viene accettata dall’editore. Qualcosa nel rapporto tra scrittore e casa editrice si incrina. Remender lascia la Casa delle Idee e trova un porto sicuro presso la Image Comics, dove in pochi mesi lancia numerosi titoli di sua ideazione, tutti baciati da un grande successo di pubblico e critica. Siamo davanti ad un autore eclettico, capace di misurarsi su diversi terreni: si va dalla fantascienza di Black Science alla variante post-apocalittica di Low, fino all’azione pulp di Deadly Class, già tradotta in serie tv e al fantasy di Seven to Eternity. Di quest’ultima serie è appena uscito per Panini Comics il secondo volume, che fa immergere nuovamente il lettore nel fantastico mondo di Zhal: un pianeta prospero e incontaminato, protetto dall’ordine dei Cavalieri di Mosak, potenti guerrieri capaci di connettersi al piano spirituale. Un dono di cui il più potente tra loro, Garlis Sulm, abuserà per ottenere il potere assoluto.

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Dopo essersi autonominato “Dio dei Sussurri”, Garlis approfitterà della sua abilità di Mosak per lusingare la popolazione di Zhal, promettendogli ricompense e benefici. Il tiranno riesce così a corrompere l’anima della maggior parte degli abitanti e il nome di chi non vuole sottomettersi viene marchiato a fuoco con menzogne ed infamia. Nome come quello di Zebediah Osidis, cavaliere Mosak che non aveva mai voluto piegarsi a nessun compromesso, condannando così la sua famiglia alla disgrazia e ad una vita di stenti che era costata la vita al figlio Peter. Alla morte di Zeb la responsabilità della casata degli Osidis era ricaduta sul primogenito Adam, che vive dilaniato dal dubbio: cedere alle lusinghe del Dio dei Sussurri, assicurandosi la salvezza della sua famiglia, o proseguire sulla strada improntata allo stoicismo inaugurata dal padre? Nel primo volume avevamo visto Adam unirsi ai restanti Cavalieri Mosak, con i quali era riuscito a sconfiggere Garlis Sulm in battaglia. L’eterogeneo gruppo decide quindi di intraprendere un lungo viaggio per portare il prigioniero al cospetto del mago Torgga, l’unico che possa scollegare la mente di Garlis dal resto degli abitanti di Zhal, liberando così il pianeta dall’influenza del malvagio. Ma con grande sorpresa dei Mosak e dei lettori, Sulm rivela che il suo piano era proprio quello di farsi catturare. Cosa nasconde il Dio dei Sussurri?

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Nel secondo volume il viaggio della Compagnia viene interrotto da un evento imprevisto, che dividerà il gruppo in due tronconi: da una parte Adam e Garlis, che procederanno da soli verso la loro meta, dall’altra i cavalieri Mosak che cercheranno di raggiungere il villaggio di Jevalia, una loro amica ferita, per farla curare.
Come in ogni fantasy che si rispetti, anche in Seven to Eternity riecheggiano tematiche ancestrali come la lotta tra bene e male e la perdita dell’innocenza che si annida in ogni compromesso, facendone un moderno racconto morale. In questo secondo tomo, però, la tensione narrativa risulta compromessa dalla lunga digressione nella terra dei Gliff che occupa circa la metà del volume, spezzando di fatto il racconto che non offre molte sorprese, almeno fino all’inaspettata scelta fatta da Adam nell’ultimo capitolo che costituirà, molto probabilmente, uno dei motivi d’interesse principali della prossima uscita.

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Tornano anche le straordinarie illustrazioni di Jerome Opeña, il penciler filippino fidato collaboratore di Remender, che propone una sofisticata sintesi tra la spettacolarità del fumetto statunitense e l’autorialità di quello europeo (Moebius e Sergio Toppi le influenze più evidenti). Compendio indispensabile alle splendide tavole di Opeña sono i colori sgargianti della tavolozza di Matt Hollingsworth, che traducono con brillanti scelte cromatiche le magie dei Mosak. L’unità stilistica del volume viene però interrotta dalla presenza come disegnatore ospite in due capitoli di James Harren, artista più a suo agio con le atmosfere grottesche della sua serie personale Rumble, ma che qui non può fare a meno di perdere il confronto con l’inarrivabile Opeña.

Benché costituisca una piacevole lettura questo secondo volume di Seven to Eternity, pubblicato da Panini con la formula ormai vincente del cartonato soft-touch, si propone come un capitolo interlocutorio della saga concepita da Rick Remender & Jerome Opeña, rinviando gli sviluppi narrativi più interessanti alle prossime uscite.

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Seven to Eternity 1: Il Dio dei Sussurri, recensione: un fantasy dai toni shakespeariani

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C’era una volta il pianeta Zhal, un mondo fantastico illuminato dalla magia e protetto dai Cavalieri Mosak, un ordine di guerrieri dotati di straordinari poteri che li connettono al piano spirituale. La vita scorreva tranquilla e le diverse razze vivevano in pace e prosperità fino all’arrivo dell’autoproclamatosi Dio dei Sussurri, un essere dagli incredibili poteri. Costui un tempo era il Cavaliere Mosak di nome Garlis Sulm e il suo dono era quello di accedere ai sensi degli altri uomini, riuscendo a vedere e a sentire tutto quello che questi vedevano o sentivano. Ma l’animo di Garlis era tenebroso e covava desideri di conquista, così cedette al suo “lato oscuro” e usò il suo potere per lusingare il prossimo con promesse e offerte, col risultato che ben presto quasi tutta la popolazione di Zhal gli offrì la sua anima per avere ricompense e benefici. Gli occhi e le orecchie del Dio dei Sussurri erano ormai dovunque, mentre intere città e villaggi venivano sedotti dalle proprie subdole lusinghe. Gli animi degli uomini vennero corrotti e diffamazione e delazione divennero pratiche comuni per colpire coloro che non si sottomettevano all’oscuro signore. Un solo uomo non volle mai ascoltare le offerte del dittatore: Zebediah Osidis.

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Anche il vecchio Zeb era stato un Cavaliere Mosak da giovane e aveva conosciuto Garlis Sulm. Quando quest’ultimo cominciò a corrompere e a compromettere l’ordine, Zeb lo denunciò ma nessuno gli credette, perché l’influenza del malvagio era troppo forte. Garlis tentò di infettare anche l’anima di Zeb con le sue offerte ma non ci riuscì: troppo forte l’integrità morale del patriarca della casata Osidis, convinto che il degrado di ogni principio inizi con un singolo compromesso. Un furibondo Dio dei Sussurri, adirato per il rifiuto di Zeb, ne calunniò il nome e la rispettabilità, causando l’esilio del Cavaliere e della sua famiglia. Il Clan Osidis si ritirò per vivere ai margini della civiltà, sulle montagne sacre che avevano ospitato gli antichi spiriti. Una vita dura e piena di stenti, durante la quale Zeb e la moglie avevano dovuto provvedere ai due figli, i piccoli Adam e Peter, quest’ultimo gravemente malato. La ferma volontà di Zeb di non venire meno ai propri principi morali non vacillò neanche di fronte alla malattia di Peter: quando quest’ultimo morì, Adam cominciò a covare del risentimento nei confronti del padre per la vita difficile a cui aveva condannato la sua famiglia, pur ammirandone l’integrità. “Mai ascoltare le offerte del Re di Fango”, il mantra ripetuto da Zeb al figlio per tutta la vita. Gli anni passano e anche Zeb muore, ucciso dagli emissari di Garlis. Ora spetta ad Adam guidare la sua famiglia, ma soprattutto affrontare un dilemma morale: continuare sullo strada del padre, improntata allo stoicismo, o ascoltare ed eventualmente accettare le offerte del Dio dei Sussurri per proteggere la sua famiglia, ristabilire il buon nome della sua casata e farsi guarire dalla malattia che lo sta lentamente uccidendo?

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Seven To Eternity è la nuova serie creator-owned di Rick Remender, sceneggiatore tra i più prolifici del settore con altre brillanti serie di sua creazione come Deadly Class, Low, Tokyo Ghost e Black Science. Nonostante l’elevata qualità dei progetti precedenti, è proprio quest’ultima serie, illustrata dal fido Jerome Opeña, a rappresentare la summa del lavoro di Remender: la capacità di creare mondi fantastici e una mitologia propria, il gusto per il racconto, la naturalezza nel focalizzarsi sui sentimenti e sulla psicologia dei personaggi, evitando la tentazione di una metatestualità che possa appesantire e distogliere l'attenzione del lettore dalla narrazione. Una predisposizione già messa in evidenza durante gli anni in Marvel con serie straordinarie come Uncanny Avengers, e, soprattutto, quell’ Uncanny X-Force che ha rappresentato l’ultimo, grande tassello dell’epopea mutante prima del declino attuale, con una sarabanda di amori, tradimenti, e colpi di scena che hanno certificato la destrezza del Remender narratore, incoronandolo come unico possibile erede dell’indimenticabile Chris Claremont.

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In Seven To Eternity ritroviamo tutti gli elementi tipici dello scrittore, tra rimandi e citazioni ad altre saghe chiave della cultura pop come Star Wars e Lord of the Rings, che si saldano però a riflessioni importanti sulla natura umana. È giusto evitare ogni tipo di compromesso, elemento fondante della società fin dall’alba dei tempi, quando non c’è altro modo di salvare la propria famiglia? E se si sceglie di scendere a compromessi, quale prezzo si paga? Come restare integri in tempo di guerra? A cosa può portare il potere assoluto, se non si ha il rigore per gestirlo? Non mancano anche metafore della situazione sociale del mondo reale, quando la guerriera Mosaico racconta l’ascesa al potere di Garlis Sulm e di come la colpa della crisi che ne derivò venne attribuita alle minoranze e agli stranieri. Un passaggio che fa riflettere, soprattutto in tempi socialmente e politicamente convulsi come i nostri. Questi sono i temi alti al centro di Seven to Eternity, uniti ad una prosa assolutamente avvincente.

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All’eccellente risultato finale partecipano senza dubbio anche le tavole mozzafiato di Jerome Opeña, collaboratore storico di Remender fin dai tempi di Fear Agent e della succitata Uncanny X-Force. Le illustrazioni del disegnatore filippino rappresentano la perfetta sintesi tra il dimanismo tipico del fumetto a stelle e strisce e l’autorialità del fumetto europeo, approdo naturale della sua ricerca stilistica. È impossibile non cogliere l’influenza di Moebius nella rappresentazione del mondo incantato di Zhal, anche se l’abilità esibita nell’uso del tratteggio per levigare corpi e volti rivela l’attenzione con la quale Opeña ha studiato l’opera del nostro grande e indimenticato Sergio Toppi. I disegni dell’artista si fondono alla perfezione con le brillanti scelte cromatiche del colorista Matt Holligsworth, abile nel blandire la pupilla del lettore con i colori accesi e vivaci con i quali raffigura gli spiriti e gli elementi magici.

Seven to Eternity viene proposto da Panini Comics nel consueto formato 100% HD da cartonato soft-touch, scelta vincente per una serie che, ne siamo certi, si avvia a diventare un classico moderno.

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