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King of Spies, recensione: la vecchia spia chiude i conti

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Mark Millar è uno sceneggiatore di fumetti che della legittimazione del fumetto tra la cultura alta, ossessione di molti dei suoi colleghi, se ne frega allegramente. Della natura popolare della cosiddetta Nona Arte Millar riesce a cogliere il lato punk e anarchico, usandola come veicolo per le sue idee gioiosamente sovversive, tradotte in script sempre scanzonatamente sopra le righe. Una vena trasgressiva che ha caratterizzato fin dagli esordi il lavoro dello sceneggiatore, passando per il periodo dorato in Marvel ricco di hit come Ultimates, Civil War, Old Man Logan e le serie di sua creazione come Kick-Ass e Kingsmen – The Secret Service, tradotte con successo sul grande schermo.

La facilità di concepire soggetti accattivanti che sembrano fatti apposta per una trasposizione sul grande schermo lo porta sul finire degli anni 2000 ad interrompere la collaborazione con le major del fumetto per creare una propria etichetta, la Millarworld, con cui comincia a sfornare miniserie disegnate dai migliori artisti del comicdom, reclutati grazie alla capacità attrattiva delle sceneggiature di Millar. Nel 2017 arriva un colpo di scena che in realtà è perfettamente coerente con la direzione che Millar ha dato alla sua carriera nell’ultimo decennio: la cessione di Millarworld al colosso dello streaming Netflix, attratto dalla possibilità di poter disporre di un bel pacchetto di storie firmate da uno dei migliori scrittori di comics e pronte ad essere tradotte in immagini. A dire la verità la prima serie tv targata Millarworld/Netflix, Jupiter’s Legacy, non è stata esattamente un successo, né di pubblico quantomeno di critica. Ciò nonostante, Millar continua a sfornare miniserie a raffica. La maggior parte delle opere post-accordo con Netflix scritte da Millar negli ultimi anni, nonostante la confezione scintillante e il coinvolgimento dei migliori disegnatori su piazza, non sembrano altro che soggetti pronti per l’adattamento cinematografico, privi del peso specifico dei lavori che lo hanno reso famoso. A questo destino si sottrae però King Of Spies, l’ultima fatica di Millar, da poco pubblicata nel nostro paese da Panini Comics Italia. Si tratta di una scatenata spy-story, genere che Millar ha già frequentato con successo con la summenzionata Kingsmen, che va però oltre la serie di “pitch” partoriti a ritmi industriali che hanno caratterizzato le ultime opere.

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Se il nostro giudizio sull’opera dovesse basarsi solo sulla trama, tutto sembrerebbe già visto. Il protagonista, Roland King, è una vecchia spia in pensione che ha dedicato l’esistenza al servizio della Corona, un James Bond che in nome del bene superiore ha fomentato rivoluzioni o le ha stoppate sul nascere, ha rovesciato governi, insomma ha eseguito senza mai obiettare tutte le missioni assegnategli dai servizi segreti britannici, sporcandosi le mani di sangue. Il prezzo da pagare è stato quello di trascurare la famiglia e di perdere l’affetto del figlio. Quando gli viene diagnosticato un tumore che gli lascia solo sei mesi di vita, Roland coglie l’occasione per riflettere sulla propria vita: e il bilancio non è esattamente positivo. Guardandosi indietro, la vecchia spia si rende conto che, con le sue azioni non hanno favorito in alcun modo la gente comune, ma soltanto favorito gruppi di potere politici e religiosa, o media corrotti. Roland decide quindi che dedicherà il poco tempo che gli resta per cercare di rimediare il più possibile ai tanti errori commessi nella propria vita. E qui comincia il bello, perché la trama assume i connotati di un “revenge movie” in cui King chiude i conti e inizia a far fuori tutti i gangli di questo potere marcio. La sua furia non risparmierà nessuno: premier, presidenti, papi, nessuno sarà più al sicuro. Finché i servizi segreti non decideranno di fermarlo, lanciando una caccia all’uomo in cui coinvolgeranno anche suo figlio.

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La trama di King of Spies non brillerà certo per originalità, ma è il sottotesto anticonformista a dare alla mini una marcia in più che la rende irresistibile. Scagliando la furia di King contro quelli che vengono chiamati i “poteri forti”, Millar interpreta forse furbescamente, ma centrando in pieno il bersaglio, il sentire comune di tanti cittadini che hanno la sensazione di non essere padroni del proprio destino, che viene deciso altrove. Lo sceneggiatore inglese padroneggia al meglio il proprio mestiere, mettendo in scena un plot adrenalinico, avvincente e pieno d’azione, ricco dei suoi tipici dialoghi taglienti e di scene a sensazione che galvanizzeranno il lettore. Ma dietro all’azione esplosiva si nascondono anche riflessioni importanti sulle conseguenze delle nostre azioni e sull’eredità che lasciamo a chi viene dopo di noi.

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Fondamentale per la riuscita di King of Spies è l’apporto dei disegni di Matteo Scalera, in una delle prove migliori della sua carriera. Notevolissimo il lavoro di design dei personaggi (a partire dal protagonista Roland King, ritratto come un invecchiato ma sempre affascinante Pierce Brosnan) e lo storytelling adrenalinico che lascia davvero senza fiato. Il montaggio delle scene d'azione è magistrale, con l'uso di vignette che tagliano la pagina orizzontalmente come uno schermo cinematografico. La scelta delle inquadrature è audace e contribuisce a trasmettere al lettore l'effetto cinetico dell'azione raffigurata. Scalera fa ampio uso di una inchiostrazione molto spessa e carica di nero sulla quale si innesta la palette di colori soffusi di Giovanna Niro, un connubio felice che determina un risultato finale di grande effetto.
King of Spies è un’opera che fa quello che un fumetto dovrebbe fare, divertire e intrattenere, e lo fa ad altissimi livelli.

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Space Bandits, recensione: l'ottimismo fantascientifico di Mark Millar e Matteo Scalera

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Abbiamo già scritto in passato di come Mark Millar venga ormai costantemente preso di mira da buona parte della critica fumettistica, perché accusato di pensare soprattutto al proprio tornaconto, piuttosto che a realizzare storie degne di nota. Tuttavia, vale la pena ripetere che questo atteggiamento si è acuito da quando Netflix ha acquisito il Millarworld (l’etichetta che raccoglie le serie creator-owned dell’autore scozzese) e fa sì che ogni nuova opera uscita dalla sua penna venga aprioristicamente bollata come superficiale o utile solo per un futuro sfruttamento cinematografico. È vero che di fronte a lavori francamente imbarazzanti come il recente Sharkey il cacciatore di taglie la tentazione di andare dietro a quei giudizi un po’ affrettati potrebbe anche avere una sua giustificazione, ma in questo modo si rischierebbe di perdere quanto di buono Millar è ancora in grado di offrire ai suoi non pochi estimatori. Più semplicemente, è probabile che la necessità di dover rispettare le scadenze imposte dal colosso dello streaming lo porti a privilegiare alcune serie rispetto ad altre, con la conseguenza di assistere a una differenza qualitativa abbastanza netta - e difficilmente prevedibile – tra un’opera e l’altra, che, alla lunga, potrebbe anche determinare una generale disaffezione dei lettori nei suoi confronti (un problema a cui sembra essere riuscito a porre rimedio un altro autore particolarmente prolifico come Jeff Lemire, da qualche tempo più restio ad accettare troppi lavori).

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Che Millar sia ancora uno scrittore valido lo abbiamo già sottolineato in occasione dell’uscita italiana di The Magic Order, ma ci sentiamo di ribadirlo anche al termine della lettura di Space Bandits, nuovo volume di Panini Comics, uscito da poco in fumetteria, che raccoglie l’omonima miniserie pubblicata negli USA lo scorso anno, realizzata dal cartoonist scozzese in coppia con il parmense Matteo Scalera. Il titolo sembra lasciare poco spazio all’immaginazione, tuttavia nasconde che i protagonisti della storia non sono un generico gruppo di briganti del cosmo, ma piuttosto due fuorilegge di sesso femminile, trovatesi per caso a collaborare, per vendicarsi dei rispettivi partner (i membri della banda di malfattori, di cui è a capo una delle due e il truffaldino amante dell’altra), responsabili di aver fatto finire entrambe ai lavori forzati su un gigantesco crostaceo morto, diventato la prigione dei peggiori criminali dell’universo. Quel titolo non svela neppure gli omaggi continui agli anni Ottanta, recentemente riportati alla ribalta grazie al successo della serie televisiva Stranger Things, al cui fascino, evidentemente, non è immune neppure lo stesso Millar, tanto che, fin dalla prima vignetta, questa sua nuova creazione si presenta come un giocoso omaggio all’estetica di quel periodo, dove trovano spazio persino trovate un po’ stravaganti come un’astronave da crociera che si chiama Lionel Richie, o gli appariscenti abiti indossati dai personaggi, che sembrano usciti da una rivista per teenager dell’epoca. Diverse bizzarrie che, nel loro insieme, rendono piuttosto improbabile lo scenario fantascientifico in cui è ambientata l’opera e che giustificano l’uso massiccio dell’ironia, necessaria a rendere digeribili al lettore anche le invenzioni più folli dell’autore scozzese.

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Degli anni Ottanta, in realtà, Millar rispolvera anche il riuscito mix tra commedia e azione, che molto spesso caratterizzava le pellicole per il grande schermo o i telefilm del periodo, nella maggior parte dei casi popolati da eroi scanzonati che, persino nelle situazioni più drammatiche, erano in grado di stemperare la criticità del momento grazie alla loro simpatia. Tutti elementi abilmente riutilizzati dall’autore di Kick-Ass e Civil War, ma con una differenza sostanziale: in quei film e in quelle serie televisive, i protagonisti erano sempre uomini, mentre le donne erano spesso relegate al ruolo di comparsa. Qui, invece, i personaggi principali sono due aliene e sono i maschi a rimanere in posizione subalterna. In altre parole, Millar non si limita ad aggiornare al linguaggio contemporaneo quel genere tanto popolare qualche decennio fa, ma si diverte a ribaltarne anche i concetti di base, quasi a dimostrare che chi, come lui, è capace di unire una scrittura di alto livello a una fervida immaginazione, può permettersi di utilizzare i riferimenti e le citazioni solo come un gustoso extra, forse buono a cavalcare la moda del momento, ma per nulla necessario all’economia della storia in sé. Il piatto forte di Space Bandits, infatti, è costituito fondamentalmente dalle spericolate peripezie delle due antieroine, che avrebbero potuto tranquillamente svolgersi in un’altra epoca e con un’ambientazione differente, senza perdere, tuttavia, un grammo della loro originalità.

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Millar, però, ha dimostrato più volte la sua passione per la fantascienza o i temi fantasy in generale, e scegliere come sfondo la galassia ha garantito ai suoi testi di trovare una rappresentazione più che degna nei fascinosi disegni di Scalera. Ciò nonostante, sono soprattutto l’azione frenetica e il rapido succedersi degli eventi a esaltare l’artista emiliano, che si scatena in tavole ipercinetiche e splash-page di grande impatto, oltre a spingersi a sperimentare con successo soluzioni visive ardite e prospettive inusuali (peraltro già parzialmente intraviste nell’ottima Black Science). In più, le sue anatomie spigolose e volutamente sproporzionate, unite a un’espressività dei volti dei personaggi tendente al cartoonesco (particolarmente accentuata negli alieni non umanoidi) rafforzano i toni da commedia di tutta la vicenda. Da non sottovalutare neppure i colori saturi e invasivi di Marcelo Maiolo, che danno ancora più energia ai disegni di Scalera, anche se l’unione tra la sceneggiatura spensierata di Millar e una parte grafica volutamente tesa a evocare il luccichio del decennio edonista per antonomasia, fa spesso somigliare la storia a un gigantesco videoclip. È probabilmente questo il vero limite della serie, perché per quanto divertente sia seguire le scorribande della coppia protagonista, a volte la trama tende a essere un po’ troppo prevedibile e l’autore scozzese sembra scegliere sempre la soluzione più appetibile per i lettori. Di questo ne soffre anche la caratterizzazione delle due simpatiche criminali, soprattutto la forzuta Thena Khole, che paga questa sua inusuale peculiarità, apparendo spesso come una semplice figura di contorno (la classica spalla un po’ ingenua che sa menare le mani e poco altro). Molto meglio la geniale calcolatrice Cody Blue, decisamente più in sintonia con quella vasta galleria di personaggi brillanti e determinati, per i quali Millar ha sempre mostrato un attaccamento particolare.

Concludiamo con una curiosità: nelle pagine finali, assistiamo a una prova generale per rendere il Millarworld, o almeno una parte di esso, un universo condiviso. Che sia un’esplicita richiesta di Netflix per inseguire i successi del Marvel Cinematic Universe?

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Anteprima di Space Bandits #1 di Mark Millar e Matteo Scalera

  • Pubblicato in News

Il sito CBR ha diffuso un'anteprima di Space Bandits #1, la nuova serie Millarword di Mark Millar e Matteo Scalera che riceverà anche un adattamento su Netflix. Potete vedere le tavole nella gallery in basso.

Space Bandits segue due criminali intergalattici chiamati Thena Khole e Cody Blue mentre si alleano per vendicarsi delle bande che li hanno traditi entrambi.

Millar ha dichiarato che voleva creare un'opera di fantascienza ottimista e divertente, che si oppone alla tante proprietà cupe che ci sono in giro. E su Scalera aggiunge: "Il ragazzo è un genio e l'ho seguito per anni. Averlo come disegnatore è come quando qualcuno per cui hai sempre avuto una cotta esce con te. È semplicemente fantastico."

Space Bandits #1 uscirà il 3 luglio e presenterà una variant cover di Howard Chaykin, che potete vedere qui di seguito accanto a quella regular di Scalera.

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Netflix - Millarworld: arriva Space Bandits di Mark Millar e Matteo Scalera

  • Pubblicato in News

È stato annunciato, via Deadline, il nuovo progetto Millarworld/Netflix di Mark Millar dal titolo Space Bandits disegnato da Matteo Scalera.

Space Bandits segue due criminali intergalattici chiamati Thena Khole e Cody Blue mentre si alleano per vendicarsi delle bande che li hanno traditi entrambi.

Millar ha dichiarato che voleva creare un'opera di fantascienza ottimista e divertente, che si oppone alla tante proprietà cupe che ci sono in giro. E su Scalera aggiunge: "Il ragazzo è un genio e l'ho seguito per anni. Averlo come disegnatore è come quando qualcuno per cui hai sempre avuto una cotta esce con te. È semplicemente fantastico."

Non è chiaro in quale forma apparirà Space Bandits su Netflix, che si tratti di un film o di una serie televisiva. Tuttavia, la serie di fumetti, che pubblicherà tramite la Image Comics ed è descritta come un "adattamento".

Space Bandits #1 uscirà il 3 luglio e presenterà una variant cover di Howard Chaykin, che potete vedere qui di seguito accanto a quella regular di Scalera.

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