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Anteprima di Star Wars: Thrawn #1

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Una delle menti più astute e spietate di tutto l'universo di Star Wars, il Grand'ammiraglio Thrawn, è tornato con una miniserie di sei numeri. Scritta da Jody Houser (Rogue One Adaptation) e disegnato da Luke Ross (Star Wars: Darth Maul, Star Wars: The Force Awakens Adaptation), Star Wars: Thrawn è l’adattamento a fumetti del romanzo best-seller di Timothy Zahn sull'ascesa di Thrawn nei ranghi imperiali, su come è diventato uno dei più temuti strateghi militari della galassia "molto, molto lontana".

Potete leggere l'anteprima di Star Wars: Thrawn #1 nella gallery in basso. Le cover sono ad opera di Francesco Mattina, John Tyler Christopher e Paul Renaud.

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Highway to Hell

Esiste un filone di comics vecchio come quello dei supereroi ma non blasonato al suo pari, che si snoda nel tempo partendo quasi accennato dalle primissime storie dello Spirit di Will Esiner passando per l'iconico Sin City di Frank Miller e raccogliendo nella sua strada perle di rara bellezza come Torso (Bendis & Andreyko) o ancora la run di Sam e Twich sempre scritta da Brian M. Bendis e autori vari arrivando ad oggi, dove lavori come lo stupefacente Fatale (Brubaker & Phillips), Revival (Seeley & Norton) o il famosissimo The Strain (questo nato da un libro scritto a quattro mani tra il regista Gulliermo Del Toro e lo scrittore Chuck Hogan, poi comics edito nel 2012 da Dark Horse Comics con la sceneggiatura di Lapham e i disegni di Huddleston, ora trasposto in serie televisiva) hanno trovato ancora una folta schiera di fan che acclamano questi degni rappresentati del filone che mescola l'orrore con il noir, un miscuglio di horror/thriller che è, per il mercato americano, la storia di un imbastardimento vecchia tanto quanto le prime strip pubblicate.

Highway to Hell rientra a pieno in questo filone, un prodotto pensato da italiani per il mercato americano e che riesce ad accontentare tutti per la maggior parte del tempo, magari ogni tanto trasborda nel voler creare pantomime o stereotipi sui generis, ma in ogni caso riesce a divertire. Il lavoro dell'Italian Job Studio (Studio fondato nel 2010 da Riccardo Burchielli, Giuseppe Camuncoli, Stefano Caselli e Francesco Mattina) è quantomeno ambizioso: partendo da una storia scritta dal cofondatore dei Subsonica Davide Dileo (“il Tramontatore”) e con l'aiuto dello sceneggiatore Victor Gischler (tra i suoi romanzi “la gabbia delle scimmie”, ma ha lavorato anche su Punisher e Deadpool) creare una miniserie pubblicata in Italia da Panini Comics e, successivamente, in USA (Dark Horse Comics) di livello qualitativo elevato e che potesse soddisfare il pubblico sia da una parte che dall'altra dell'oceano. Evidentemente, almeno in parte, l'intento di questo “creative tank” è riuscito visto che il lavoro ha vinto nel 2015 il Ghastly Award nonostante non sia privo di difetti.

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La storia è un “classico” tributo all'orrore made in U.S.A. E Quando i ragazzi dell'Italian Job e i loro collaboratori puntano al classico... non scherzano, sono davvero a livello quasi didascalico: due bizzarri agenti dell'FBI (uno tosto ed uno riflessivo) che si occupano di casi borderline, un'ambientazione che può ricordare sia Twin Peaks di David Lynch sia una Castle Rock di Stephen King, l'eterna lotta di equilibri tra il bene e il male, sceriffi con aiutanti che oscillano dal white trash alle bombe sexy, altri sceriffi non collaborativi, i vampiri con le loro stratificazioni e regole, un cacciatore di Vampiri appartenente ad un ordine vecchio di secoli accompagnato dalla sua aiutante, body horror ad un passo da La Cosa di John Carpenter e scolopendre tentacolari ed irte di denti che ricordano “il Rosso” di Swap Thing. L'Italian Job pare intenzionata al 100% a cucinarci un'apple pie... anzi una Cherry Pie presa da Norma, e per nostra fortuna nonostante gli ingredienti siano sempre quelli loro sono dei cuochi eccellenti.

La storia inizia con i due sterotipatissimi agenti (il parodistico macho Brew ed il composto e pragmatico Mirchandani) che seguono le traccie di uno spietato serial killer fino alla città di Black Briar e qui scopriranno che niente è come sembra: il killer, infatti, è un personaggio molto più particolare di quel che credevano e delle forze occulte s'intrecciano con i suoi efferati delitti.
Da qui in poi, anche per la scelta di non rivelare subito il personaggio di Dusker,.

Spoiler:
Sembra infatti che il killer non è altri che un guerriero “della luce” che difende gli equilibri tra il bene ed il male, e le sue vittime non sono altro che mostri che una volta uccisi tornano nella loro forma umana.
Dusker (questo il suo nome) e la sua aiutante scopriranno nei due agenti dei preziosi alleati contro l'avanzare delle forze del Male, che rapidamente si avvicinano per lo “scontro finale”, un'orgia di violenza voluta dal vampiro Marion per piegare il combattente della luce.

La trama e la sceneggiatura sono purtroppo altalenanti e, anche se la banalità e la plausibilità possono essere messe da parte, ci sono alcuni punti in cui i personaggi non riescono ad interagire come dovrebbero.
Il personaggio di Brew, in particolare, subisce il suo fare da Milites Gloriosus ritrovandosi ad essere una macchietta comica quando dovrebbe (nelle intenzioni dello sceneggiatore) uscire con frasi ad effetto che in realtà fanno arrossire dal tanto che sono puerili, mentre è più funzionale negli sacchetti “comici” che però diventano presto vuoti e ridondanti, anche i rapporti interpersonali sono curati in maniera relativa: basti vedere le scene con l'agente Ramirez o il finale con i poliziotti locali.

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Come ci sono punti bassi, però, ci sono anche momenti alti: il personaggio di Dusker è oltremodo affascinante. Costruito su misura per diventare un “personaggio” (se uscisse il film di Highway to Hell non sfigurerebbe al fianco di Ash nel pantheon degli horror movie heroes), il nostro ante tempore “guerriero della strada” è uno scostante e silenzioso cavaliere con una sacra missione, ma alcune sfumature della sua personalità (si veda la costruzione dei proiettili o la – relativamente spiegabile- cura riservata a Jay) lasciano intuire il - classico- cuore d'oro. Non a caso la parte più significativa ed affascinante dell'avventura è sul finale, con la sua assistente Littie: il rapporto tra lui e lei è l'esempio di una narrazione suadente e brillante. Sono sicuramente i personaggi meglio riusciti di tutta la saga.
Nota a margine per il nemico, il vampiro/bambino Marion, cattivo che è una macchietta, ma è funzionale. Sembra uscito paro paro da una partita di Vampiri the Masquerade. Meravigliosamente disturbante da vedere, perciò ancor più amabile.

I disegni sono il vero punto forte di questo lavoro, Burchielli e Mattina mettono fuoco e fiamme nei loro lavori e creano meraviglie terribili, dinamiche interessanti e figure ed inquadrature come solo il grande “cinema americano d'azione” può fare.

La natura pesantemente commerciale di Highway to Hell pesa come un macigno sul lavoro, il punto è che se le storie di Victor Gischler fossero un serial tv o un videogioco non cambierebbe nulla e, anche se non è un difetto di per sé ci sono momenti (sopratutto nella seconda parte della storia) in cui si ha la tremenda sensazione che tutto proceda con il pilota automatico, per far felici tutti e perché gli unici momenti di stupore siano le pagine intere con i tremendi mostri di Burchielli (c'è ad esempio quasi uno schema matematico che prevede il reiterasi di una determinata situazione che culmina in una splash page con un mostro. Questo si ripete ogni tot pagine.)
Highway to Hell è un buon lavoro, magistralmente eseguito ma senza particolari picchi d'intensità emotiva o intuizioni brillanti. Non è perfetto, ed è molto orientato sul fan service ma mentre per gli amanti del genere dovrebbe essere indispensabile, per tutti per tutti gli altri Highway to Hell è buon intrattenimento. E dopo quel finale ne vorranno ancora.

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Recensione in anteprima, l'albo sarà disponibile a Lucca Comics & Games e dal 6 novembre in edicola e fumetteria.

Presentato allo scorso Comicon di Napoli, Highway to Hell è un fumetto, come descritto negli editoriali dell'albo, "sexy". Non perché ci siano nudi o ammiccamenti, ma è innegabile che i nomi in copertina attirerebbero l'attenzione di chiunque. Al centro di tutto c'è l'Italian Job Studio, realtà che vede coinvolti eccellenze nazionali del calibro di Riccardo Burchielli, Stefano Caselli, Giuseppe Camuncoli, Diego Malara e Francesco Mattina. Per il loro primo progetto, lo studio parte da un racconto del musicista Davide “Boosta” Dileo dei Subsonica e portano dalla loro parte lo scrittore hard boiled, nonché sceneggiatore Marvel (Punisher Max, Deadpool), Victor Gischler. È naturale, dunque, che la curiosità salga a mille.

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Highway to Hell prende a piane mani dalla narrativa a fumetti contemporanea, in particolare da quella americana, e non poteva essere altrimenti, non ci saremmo stupiti più di tanto se avessimo letto in copertina il marchio Vertigo, Marvel Max o Image, d'altronde i nomi coinvolti non lasciano dubbi a riguardo. Non è la prima volta che un prodotto italiano intende staccarsi dalla sensibilità europea e rivolgere lo sguardo oltre oceano, difficilmente però ci siamo trovati davanti a un fumetto così consapevole che, pur agendo in un territorio noto, muove i suoi passi con disinvoltura e maturità. Viene da sé che Gischler doni credibilità al progetto, permettendosi di descrivere l'America rurale con disinvoltura e cognizione di causa.

Sulla Route 5, ai confini fra il Maine e il Massachussetts, i detective dell'FBI Jayesh Mirchandani e Isasc Brew sono sulle tracce di un cruento serial killer che decapita e squarta le proprie vittime, spesso anche gruppi numerosi, in maniera truce.
Pagina dopo pagina l'opera scorre in maniera agevole con i due protagonisti che, a contatto con gli sceriffi locali, prendono visione dei cadaveri e portano avanti la loro indagine fino alle tavole finali dove tutto cambia. Non viene svelato a fondo il mistero, ma gli eventi prendono una brusca svolta che, dopo un episodio che funge quasi da preludio alla serie, stravolgono completamente le premesse e instillano nel lettore la curiosità di proseguire oltre.
È ovvio che con un albo di 32 pagine ci voglia un po' di pazienza e che un giudizio più preciso possa arrivare solo più in là, però le premesse sono davvero positive. Nonostante un incipit classico e qualche calcatura nei dialoghi, si vede la volontà di narrare una storia solida e alquanto originale. Già la coppia multietnica dei protagonisti appare inedita e gli sviluppi sembrano interessanti.

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Il contributo che Burchielli dà alla riuscita dell'opera con le sue matite è naturalmente fondamentale. Inutile dire quanto in queste atmosfere hard boiled/splatter il disegnatore toscano sia a proprio agio, risultato amplificato dai colori di Luca Saponti e dai flashback di Francesco Mattina.

Highway to Hell è, come facilmente intuibile, un progetto dall'enorme potenziale, dal sicuro appeal e facilmente esportabile, figlio di uno studio che vede coinvolti importanti nomi del fumetto italiano che vantano grande esperienza internazionale. Se il buongiorno di vede dal mattino, dunque, dovremo attenderci grandi cose in futuro.

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