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Manifest Destiny #2: Amphibia e insecta

Il fascino dell'ignoto ha caratterizzato la storia dell'uomo sin dalla notte dei tempi spingendolo verso l'esplorazione e la ricerca. Nel corso dei millenni, i viaggi alla conquista di nuove terre e pianeti, le scoperte tecnologiche e scientifiche hanno segnato le epoche e reso immortali i loro fautori. William Clark e Meriwether Lewis rientrano in questa prestigiosa categoria, essendo il loro nome legato alla prima spedizione statunitense che raggiunse la costa ovest degli U.S.A. via terra. E il loro viaggio attraverso i territori inesplorati che si spingono fino alle coste dell'Oceano Pacifico è al centro di questa nuova serie, Manifest Destiny, edita dalla Skybound, etichetta creata nel 2010 da Robert Kirkman all'interno della Image Comics, scritta da Chris Dingess e disegnata da Matthew Roberts.

In Italia le avventure del Corpo di Esplorazione voluto dall'allora presidente Thomas Jefferson sono pubblicate dalla Saldapress, giunta qui al suo secondo volume che raccoglie dal numero #7 al #12 della serie originale. Dopo essersi lasciati alle spalle il campo di La Charette ed essere scampati all'attacco di un virus vegetale che trasforma gli organismi animali in zombie e di strani animali col corpo di toro, il tronco di uomo e la testa di bisonte, il Capitano Clark e il Capitano Lewis conducono il loro equipaggio attraverso le sconosciute acque del fiume Missouri. Seguiti a vista dalla misteriosa Sacagawea, figlia della tribù di Shoshone Lehmi, e dal di lei  marito Touissant Charbonneau, padre del bimbo che porta in grembo, i nostri questa volta dovranno affrontare una minaccia che proviene dalle acque torbide del fiume (gli amphibia del titolo) che proverrà ad arrestare la loro corsa. E, come se non bastasse, dovranno essere accorti nello schivare le punture di zanzare (gli insecta), pronte a lasciare sotto pelle la propria progenie.

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Il manifest destiny è un'idea di base che univa il popolo americano nell'esportare la propria forma di libertà e democrazia. L'espansionismo a stelle e strisce ottocentesco è considerato cosa ovvia, manifesta, ed inevitabile, come il destino, e chi pagherà il prezzo più alto di questa volontà saranno i nativi americani, cacciati dalle loro terre ed uccisi in nome della supremazia della razza anglosassone. La vicenda storica offre qui ampi margini di spazio per le digressioni fantastiche dell'autore, che con ottima padronanza mescola diversi generi. Lo spirito pioneristico del viaggio di Clark e Lewis, infatti, non viene snaturato, ma, anzi, ampliato con una componente mitologica dalle marcate venature horror che la sfida contro l'ignoto rappresenta. La natura matrigna dispiega tutte le sue forze attraverso animali, anfibi, insetti e vegetali pur di arrestare l'avanzata dell'uomo. Ma la fede incrollabile nel nascente nazionalismo americano spinge i due capitani ad affrontare ogni ostacolo, sebbene con piglio e motivazione diverse. Mentre Lewis nasconde dietro un rigoroso metodo scientifico e una sete di conoscenza le sue paure e il suo animo più dissoluto, Clark è più rigido, o meglio è costretto ad esserlo, per mantenere unito il gruppo con la disciplina e la sua abnegazione. Due spiriti così diversi, due storie di vita così lontane ma tra di loro complementari. I due si cercano, sanno che un esercito composto in parte da soldati e in parte da galeotti non ti permette di dormire sonni tranquilli, eppure, con il loro esempio, riescono, almeno per ora, nel loro intento.

Se l'attenzione riposta nelle dinamiche di gruppo, la presenza di zombie vegetali e altre mostruosità disseminate lungo la strada sono elementi che possono ricondurre all'opera di Kirkman, The Walking Dead, ciò che lo differenzia e che conquista il lettore è l'azione. Perché Manifest Destiny è sopratutto un bel romanzo di avventura in cui la storia scorre veloce, in cui pochi sono gli attimi di tregua, in cui la paura ci assale ogni qualvolta giriamo una pagina. Dingess ci conduce attraverso paesaggi esotici, alla conquista della costa pacifica. La narrazione viene condotta in prima persona da Lewis attraverso il suo diario personale, e questo ci permette di sentirci noi stessi parte della spedizione. Ma l'autore è altrettanto bravo nella caratterizzazione dei personaggi, nel conferire loro quel giusto alone di mistero che ci consente di entrare nella mente dei protagonisti e dei comprimari un po' alla volta, riuscendo a regalarci delle sorprese quando ormai eravamo certi di certi aspetti.

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Ma tutto questo lavoro ai testi sarebbe risultato vano se non supportato dall'ottima prova grafica di Roberts. L'artista è abile ad adeguare il suo stile alle diverse fasi della narrazione, passando sovente da un tratto più realistico ad uno cartoonesco. Ma Roberts è soprattutto bravo nell'imprimere thrilling allo storytelling. La costruzione della tavola è libera, se nei momenti di stanca tende a mantenere uno schema rigido, con vignette allineate e squadrate, nelle fasi concitate degli scontri perde quella fissità, i disegni spesso si accavallano a trasmettere ansia, concitazione, paura, per culminare poi in illustrazioni a tutta pagine che provano ad allentare in parte la tensione. La cura dei dettagli è quasi maniacale, le anatomie umane e animali sono precise ed accurate, la composizione della vignetta è perfetta, capace di conferire profondità e dinamismo alla scena.

Ci sentiamo di segnalare con merito Manifest Destiny, una serie in grado di conquistare sin dalla prima lettura. Avventura, horror, fantasy e qualche zombie sapranno tenervi incollati a questo volume di cui l'opera realizzata al tavolo da disegno da Roberts, mai eccessiva o invadente, è il vero punto di forza.

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Manifest Destiny Vol.1 - Flora e Fauna

Il passato, si sa, non si può cambiare: ciò che diventa Storia viene scritto sui libri e rimane lì, nero su bianco, immutabile.

Una delle cose più belle della narrativa è, però, che questa regola non vale. Quando si scrive, si può far uso di quel revisionismo storico tanto temuto dai professori nelle scuole e nelle Università. Perché la fantasia non ha limiti, specialmente nel caso di uno come Chris Dingess, ideatore della recente serie Manifest Destiny, portata in Italia da Saldapress e pubblicata negli USA sotto il marchio Skybound (sotto etichetta della Image Comics) creata da Robert Kirkman, quello di The Walking Dead, per intenderci.

Dingess parte da un momento ben preciso della storia degli Stati Uniti d'America: siamo nei primi dell'800, e il Presidente Thomas Jefferson ha un chiaro scopo nel corso del suo mandato: espandere i confini della sua nazione, o meglio Confederazione di Stati, conquistando progressivamente, da est a ovest, milioni quadrati di lande selvagge. È il "destino manifesto" dell'uomo civilizzato: esplorare, osservare e conquistare (anche cancellando dalla storia intere popolazioni indigene).

Ma se le cose non fossero davvero andate come ci raccontano i libri e i documentari in TV? Se ci fosse qualcosa di misterioso, persino sovrannaturale, che ci è stato tenuto nascosto? Cosa nascondevano quei territori inesplorati prima dell'avvento del'"uomo bianco"?

Toccherà al Capitano York e al Capitano Lewis scoprirlo: saranno loro, infatti, a essere a capo della prima missione di esplorazione a capo del Corp of Discovery, un gruppo composto da soldati scelti, ma anche da ex galeotti senza nulla da perdere.

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E qui torniamo per un attimo alla Storia: Lewis e Clark, personaggi esistiti davvero, fra il 1803 e il 1806, furono protagonista di una famosa esplorazione del Nord America, fondamentale per la nascita dell’America così come la conosciamo. La missione puntava a trovare un collegamento via terra, affinchè i commerci con la sponda che si affaccia sul Pacifico non obbligassero alla circumnavigazione dell’intero continente via mare. La missione riuscì anche grazie all’aiuto dei Nativi, in particolare della giovane Sacajawea, appartenente alla tribù Shoshone e moglie del trapper Charbonneau: la sua funzione fu quella di interprete ed intermediaria con le popolazioni indigene, foriere di vitali informazioni per il successo della spedizione.
Il diario dei due Capitani, intitolato We Proceeded On, divenne testimonianza scritta dello storico viaggio.

Manifest Destiny riprende gli stessi personaggi e tempistiche, ponendole però in un contesto assolutamente metafisico: le terre da scoprire si riveleranno, infatti, ben più misteriose di quanto atteso, poiché popolate da mostri e creature di ogni genere. Solo nella prima tappa, la compagnia si troverà ad affrontare un gruppo di giganteschi “minotauri” affamati di carne umana, oltre che un misterioso demone-pianta, il cui scopo è trasformare gli esseri umani in zombie “a fotosintesi clorofilliana”.
Il gruppo dovrà dunque fronteggiare minacce completamente inaspettate, e non tutti riusciranno a salvare la pelle.

La trama ha dunque tutti quegli elementi tipici della narrativa horror, con tempistiche dal taglio cinematografico. La narrazione ha infatti uno svolgimento molto veloce, quasi frenetico, e i colpi di scena non mancheranno. Il tutto viene alleggerito con uno humor dark e cinico che aleggia nei dialoghi fra i protagonisti, cosa che rende la lettura ancora più interessante, perchè in questo caso la Storia viene scritta da anti-eroi, mossi unicamente dalla promessa di successo e denaro.

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Se Manifest Destiny è un fumetto riuscito il merito va anche all’artista che si occupa della parte grafica, Matthew Roberts. Il disegnatore, con il suo personalissimo stile, ibrido fra il realismo anatomico più dettagliato e una stilizzazione che ricorda l’arte a fumetti nordeuropea (anche grazie ai colori di Owen Gieni), conferisce grande potenza visiva e dinamismo ad ogni pagina di questo volume.

Manifest Destiny è la lettura più adatta a coloro che amano il fumetto d’azione a tinte horror, che questa volta riesce a trovare nuovi e originali sbocchi narrativi grazie a un’ambientazione esotica. La formula si dimostra vincente, perché da un lato ricicla elementi e situazioni già viste, ma, dall’altro, le pone in un contesto ancora vergine.
Chi pensava, duque, che non si potesse leggere un comic “storico” senza divertirsi, dovrà presto ricredersi.
In questo primo volume ci viene mostrata solo la prima tappa di un viaggio che ci auguriamo possa durare a lungo, perché la prima cosa che viene in mente al lettore, arrivato all’ultima pagine, è “Ancora!”.

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