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Poco Raccomandabile

Mauvais genre, questo il titolo originale dell’opera francese di Chloé Cruchaudet, riadattato in italiano con Poco Raccomandabile, è un graphic novel che in patria ha vinto premi molto importanti tra cui il Grand Prix de la Critique della ACBD (Association des journalistes et critiques de bande dessinée) oltre al Prix Landerneau.
È un fumetto tratto liberamente dal romanzo La Garçonne et l'assassin di Fabrice Virgili e Danièle Voldman e si ispira alla storia vera di Paul Grappe e sua moglie Louise Landy concentrandosi principalmente sul periodo pre e post Prima Guerra Mondiale.

Tratta tematiche scomode, spinose, quest’opera. Dal gender bending, ossia lo svincolamento, l’allontanamento comportamentale dal genere sessuale di appartenenza, agli orrori della guerra, della trincea, dall’appiattimento sociale al dovere verso la patria, dall’amore coniugale alle trasgressioni più libertine. Di certo è un’opera impegnata che varrebbe la pena leggere.
Non è una storia semplice ed è costruita su più piani di lettura che viaggiano paralleli dall’inizio alla fine e che permettono di assaporarla ogni volta in modo diverso. Non è solo la storia di un uomo, di uno dei primi travestiti parigini, né solo quella di una donna, di Suzanne, l’identità che assumerà Paul al cambio di genere. Non è la storia di un soldato disertore né quella di un reduce di trincea, non è la storia di una coppia in crisi negli anni ’20 né una semplice analisi della società post bellica francese. È molto di più e lo è su più fronti. È una storia di ampio respiro, non strettamente vincolata al periodo e ai personaggi narrati. È l’analisi della mutazione psicologica di un uomo e della ripida parabola discendente della sua vita.

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È la storia di due persone qualunque nella Francia del primo ventennio del XX secolo che si innamorano e si separano per colpa di forzanti esterne come il servizio militare obbligatorio e il seguente scoppio del primo conflitto mondiale, che allunga i tempi di lontananza; Paul sperimenta così le terribili condizioni di vita del fronte bellico e decide di sottrarsi a quella follia delirante e omicida automutilandosi pur di essere riportato in un dominio civile.
Ma all’atto del ricongiungimento dei due, qualcosa si è inceppato.
Il degrado psicologico dell’uomo dovuto ai forti traumi mentali subiti lo ha cambiato irrimediabilmente e questo aspetto lo accompagnerà fino alle fasi finali della sua vita, quando l’interferenza del mondo esterno scombussolerà definitivamente le precarie fondamenta della sua esistenza provocando il vero e proprio collasso mentale.

Paul Grappe è vittima fisica ma soprattutto psicologica della guerra, degli orrori del fronte, degli opprimenti vincoli sociali e dell’incertezza esistenziale. È la rappresentazione della labilità e della inconsistenza delle barriere di genere, delle forzature d’etichetta che bloccano e definiscono rigidamente gli aspetti della realtà. È tropo dell’autoconservazione, della capacità umana di adattamento e di automodifica sostanziale mirata alla sopravvivenza; della sottomissione della morale, dell’etica e persino della psiche al conatus sese conservandi.
Paul decide di disertare per codardia, per paura; per sopravvivere e per tornare dalla moglie.
Ma non viene giudicato dall’autrice per questo. Gli stessi criteri di condanna applicati dalla società ai traditori della patria sono discutibili di valenza. Ma la parte che sicuramente è più rilevante nell’opera è il cambio di genere, il cambio di identità che porteranno Paul Grappe ad essere Suzanne Landgard.

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Se inizialmente questo travestimento nasce per scherzo, per necessità di poter di nuovo vivere all’aria aperta senza essere riconosciuto e quindi arrestato e giustiziato per diserzione, da semplice evoluzione superficiale, stilistica, diverrà prima comportamentale, poi somatica e infine profondamente psicologica. L’escamotage di fuga dagli orrori e dagli errori della guerra diventerà mutazione interiore che annullerà definitivamente i confini di genere mentali di Paul. Suzanne infatti diverrà donna in tutto e per tutto, si creerà una nuova personalità, si relazionerà con nuove persone in maniera differente dal suo vecchio io, fino a diventare la Regina del Bois de Boulogne parigino, il ritrovo clandestino della sessualità libertina e audace della città. E proprio questo mutamento permetterà la sopravvivenza psicologica del personaggio che riesce così a seppellire i traumi nei recessi più dimenticati della sua psiche.

Ma come ogni cosa che viene sommersa a forza, prima o poi riemerge con una violenza tale da annientare completamente il controllo precedentemente imposto e da causare in definitiva il crollo mentale di Paul/Suzanne, portando così al tragico epilogo che non vi sveliamo. Effettivamente Grappe arriva al punto in cui, completamente assorbito dal voler essere Suzanne, perde definitivamente il contatto con la realtà quando anche questa unica certezza rassicurante gli viene sottratta con l’amnistia concessa ai disertori che gli permetteranno di tornare ad essere Paul.

Da notare la pienezza di dettagli nella rappresentazione di questo processo di trasformazione, di questo stillicidio a tempi dilatati che espande la narrazione in bolle localmente sequenziali sia artisticamente che narrativamente. I piccoli gesti, le metodiche di preparazione estetica, veri e propri riti di passaggio, vengono disposti su pagina con estrema cura e delicatezza da parte dell’autrice.
Chloé Cruchaudet rifugge l’intento documentaristico o apologetico. Ma rifugge altrettanto anche l’idealizzazione della realtà. I toni della storia sono crudi, schietti, diretti, privi di filtri di ogni sorta. La guerra è presentata in tutta la sua incivile barbarie, la vita delle persone in tutta la sua quotidianità, la sua terrenità. Non c’è spazio per l’edulcorazione.

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Passando al comparto grafico non ci resta che celebrare il bellissimo tratto artistico dell'autrice. Delicato ma incerto, sfumato, non nitido. Lo stile è quantomeno non realistico nella rappresentazione dei personaggi, soprattuto anatomicamente parlando, mentre i paesaggi sono dettagliatissimi e molto suggestivi. I disegni vengono esaltati poi dalla stampa su carta ad elevata grammatura che rendono estremamente pregevole e piacevole il volume. Sembra quindi di avere tra le mani le tavole originali dell'artista e di potersi quasi sporcare le dita con i residui grafitici degli strumenti utilizzati per il disegno.

La paletta cromatica è virata al grigio sbiadito dal tempo, quasi a voler far risalire anche il tratto agli anni '20 del '900. Un'appiattimento cromatico che connota l'appiattimento esistenziale, l'omogenizzazione ammorbante della società, i rigidi e claustrofobici schemi tutti identici imposti dall'esterno. Da cui però ci si riesce a svincolare proprio come Suzanne. Notiamo quindi delle campiture colorate che spiccano e si distaccano dal torpore grigiastro, soprattutto il rosso, vero e proprio simbolo di emancipazione e libertà di cui Suzanne si farà araldo.

La rottura della costrizione di schemi preformati la vediamo anche nel layout della pagina. Non ci sono vignette rigidamente definite; gli elementi si fondono nel bianco della pagina, si sovrappongono e si mischiano senza limitazioni. Vediamo un'architettura di impaginazione libera e visivamente molto apprezzabile.

Ci piacerebbe chiudere con una citazione che ci sembra in tema: Ermanno Olmi in una recente intervista, tra l’altro relativa al suo ultimo film Torneranno i prati, anch’esso legato alla Grande Guerra e che vi consigliamo caldamente, ha dichiarato: “C’è un cinema per sognare e un cinema per capire. A me interessa il secondo”. E ci piacerebbe molto generalizzare ed adattare questa citazione al mondo del fumetto dicendo “C’è un fumetto per sognare e un fumetto per capire”; e sicuramente a Chloé Cruchaudet interessa di più il secondo.

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