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1F: diario di Fukushima

È sempre difficile parlare di un dramma catastrofico, soprattutto se è per di più troppo recente per essere consegnato nelle mani della Storia. E il tragico evento del terremoto e maremoto del Tōhoku del 2011 a cui hanno fatto seguito i quattro diversi incidenti che hanno portato al disastro di Fukushima Dai-ichi, e alla conseguente fusione dei noccioli dei reattori 1, 2 e 3, è uno dei principali drammatici accadimenti degli ultimi decenni, con ricadute psicologiche, sociali, politiche, ambientali e umane che sono ancora lontane dall’essere terminate.

Molto si è detto sull’argomento, spesso impropriamente e solo per sciacallaggio mediatico, ma quello che veramente accadde in quei giorni e nelle settimane e nei mesi a venire sono davvero in pochi a saperlo con certezza, prevalentemente per l’oscurantismo, la falsità, la reticenza e l’incapacità della TEPCO, la più grande società elettrica del Giappone, nel gestire la situazione, abbandonando la popolazione locale e facendo correre rischi elevatissimi a tutti gli abitanti del paese, ma non è questa la sede più adatta per addentrarsi in tematiche più complesse in ambito nucleare o politico.

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Ci limitiamo perciò ad analizzare un particolare fumetto che, in occasione della commemorazione del 5° anniversario del disastro dell’11 marzo del 2011, è stato pubblicato da Edizioni Star Comics. Si tratta di 1F: diario di Fukushima, un reportage a fumetti in 3 tankobon realizzato da Kazuto Tatsuta, pseudonimo di un ex operaio della TEPCO che ha lavorato all’interno della centrale nucleare dopo il disastro nucleare per semplice dovere morale, per dare una mano alla sua patria, che versava in grande difficoltà al tempo. L’autore cinquantunenne ha ricostruito la sua esperienza sul luogo, narrandola con maniacale precisione e fedeltà alla realtà dei fatti, sia per testimoniare quanto realmente accaduto, che per aprire gli occhi a chi si è fatto traviare dalla falsità delle notizie ingigantite dai media e travisate da persone ignoranti in materia per fomentare movimenti di rivolta e opposizione a questa forma di energia. Un unicum artistico letterario che ci permette di entrare all’interno di uno dei posti più controllati del Giappone, di poter apprendere e sperimentare tramite il lavoro dell’autore come si è vissuto per molto tempo in quella zona e quali sono le reali condizioni in cui versa l’impianto.

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Graphic Journalism è il termine adatto per descrivere il genere a cui appartiene quest’opera, anche se in realtà si tratta più di un diario personale, più una mémoire del suo operato alla centrale, della situazione in cui versa quella zona, del lavoro da lui svolto e dei colleghi che lo hanno affiancato in questa mansione. E in questo caso l’efficienza e l’efficacia del media fumettistico ha reso ancora più illuminante l’opera, permettendo un grande livello di fedeltà e dettaglio, oltre che semplificare di molto al lettore la comprensione di luoghi, oggetti, operazioni e strutture che la descrizione meramente narrativa non avrebbe potuto esprimere in maniera così immediata e diretta.
E così impariamo l’iter che ogni giorno devono seguire gli operai per recarsi all’impianto, quali tute devono essere utilizzate per proteggersi dalla contaminazione esterna, quali calzature, guanti e protezioni, quali maschere per il filtraggio dell’aria vanno utilizzate ed in quali occasioni, quali dosimetri vengono impiegati e come si fa fronte alla dose massima giornaliera di radiazioni che una persona può assumere.

Con una esposizione programmatica chiara e lucida, attenta ai dettagli ma soprattutto naturalmente divulgativa, Tatsuta realizza un lavoro documentaristico eccezionale, che permettono al lettore di entrare nelle dinamiche delle procedure di vestizione, messa in sicurezza, controllo, analisi e smantellamento dell’impianto che l’autore ha sperimentato in prima persona. Un intento nobile quello del mangaka: far comprendere i reali rischi del lavoro alla centrale, smascherare le tesi complottiste, false e apocalittiche introdotte da chi ha interesse a screditare tale pratica e poi diffuse e ingigantite dall’ignoranza della gente e dalla paura in essa indotta. Perché ad ora le morti per radiazioni sono state nulle mentre quelle per stress a seguito di evacuazione, allontanamento dalle proprie abitazioni, perdita di tutto ciò che si possiede, del panico creatosi, sono state quasi 1600. Morti dovuti alla paura delle radiazioni, se si vuole metterla così, piuttosto che per le radiazioni stesse.

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Tuttavia si potrebbe facilmente obiettare che quest’opera sia di parte e a suo modo viziata da una filtrazione dei fatti attuata per sostenere le ideologie e la tesi dell’autore. Questa osservazione però, non rispecchia minimamente la realtà: la narrazione è particolarmente onesta e questo ci predispone a non dubitare di quello che ci sta descrivendo l’autore, soprattutto perché non c’è alcun intento propagandistico, promozionale o fazioso alla spalle di questo lavoro. Tatsuta sa bene che quello che è successo a Fukushima non è minimizzabile e trascurabile, e sa bene che anche la TEPCO ha avuto un importante ruolo –prevalentemente negativo- in questa storia, e non cerca minimamente di sminuire l’accaduto o difendere alcunché. Si limita solo a riportare una cronaca lavorativa della sua vita all’interno dell’impianto, di ciò che lo ha portato a volere lavorare in quella zona (la disoccupazione, il buono stipendio e sì, anche la voglia di dare una mano al Paese); il suo riportare i fatti in modo oggettivo e didascalico mira a smantellare le voci infondate e le maldicenze che sono ormai diventate luoghi comuni, ma nel farlo dà voce anche a chi ha perso tutto per via del nucleare, a chi odia quello che è successo ma sa bene che finché ci si limitava a usufruire della corrente elettrica generata dall’impianto non c’era nulla in contrario, a chi vuole solo guadagnare un buon salario e a chi invece è profondamente legato a quei luoghi tanto da voler dare una mano a tutti i costi per rimettere in piedi la zona.

Dal punto di vista grafico, viene fatto un ottimo lavoro dall’autore nel descrivere con grande perizia tutte l’oggettistica adoperata e gli ambienti esplorati, con un tratto molto tecnico ed accademico, perfetto per fornire una sorta di mappa visiva dettagliata e realistica di ciò che l’autore vuole comunicare.

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Insomma, 1F: diario di Fukushima è un gran bel manga che si discosta nettamente dal panorama fumettistico orientale pubblicato nel nostro paese e non solo, e rappresenta una illuminante descrizione di una realtà poco conosciuta e molto falsificata da mille dicerie e menzogne. Riportando la vita di questi lavoratori che affrontano un lavoro sostanzialmente rischioso ma necessario, eredi di quei “50” eroi di Fukushima che hanno rischiato seriamente la loro vita per evitare che il disastro avvenuto nell’impianto potesse diventare una catastrofe immane per l’umanità dopo gli incidenti di LOOP (Loss Of Offsite Power) e il coseguente LOCA (Loss-Of-Coolant Accident). Una lotta sincera contro la disinformazione globale sull’argomento e contro il pericoloso contagio di ideologie apocalittiche e disfattiste infondate. Se volete informarvi maggiormente su quello che è accaduto a Fukushima e che ancora sta succedendo, potete collegarvi a questo indirizzo, guardare il documentario A Nuclear Story di Pio D’Emilia realizzato con SkyTg24, tanto per cominciare, e leggere i diversi articoli che trovate sul sito; potete guardare anche le pagine che Wikipedia a dedicato all’argomento e che sono ben strutturate e molto articolate, oppure potete anche leggere il report della IAEA sull’incidente, qualora masticaste qualcosa di ingegneria nucleare e gestione dei reattori.

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Noi non possiamo che consigliarvi profondamente quest’opera perché permette di aprire gli occhi su una situazione molto complicata dal punto di vista di chi ha lavorato  stretto contatto con quell’ambiente, proposta in una bellissima edizione da Star Comics. Qui l’intervista pubblicata dalla casa editrice sul sito ufficiale.

 

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