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Iron Man 3: Recensione

iron-man-3-international-posterAlieni, dei e dimensioni parallele, un bel salto di qualità per un “uomo di latta” abituato ad avere a che fare con metallo ed elettricità, un’esperienza al limite della morte che lascia le sue cicatrici, se non nel fisico almeno nella mente. Tony Stark, uno degli eroi che da sempre lotta con i demoni della sua stessa personalità si ritrova così in preda agli attacchi di panico e alla difficoltà di ritornare alla vita “normale”, fatta di lavoro e di relazioni, dopo la dura battaglia di New York combattuta a fianco degli Avengers. Per fortuna una nuova potentissima minaccia si presenta sulla scena e per Iron Man arriva il momento di sfogarsi con i pugni e i raggi repulsori.

Il terzo film del vendicatore di ferro, in uscita nei cinema italiani il 24 aprile, è tutto incentrato sulla lotta con se stessi, su minacce che ritornano dal passato o che vengono costruite solo per essere sconfitte, è fatto di conflitti che partono prima di tutto dalle persone e non dall’esterno. Niente cattivi spaziali, ma solo umani pieni di debolezze e di paure. Ed è proprio la paura uno dei temi centrali, soprattutto quella per il terrorismo, una sorta di uomo nero che può insidiarsi in ogni angolo buio, perfino nella porta accanto. La sceneggiatura riesce a equilibrare la simpatia di un Tony Stark sfrenato come sempre con la gravità della sua situazione e le scene di azione con riflessioni non banali sul ruolo dei media, sulla politica, la lotta al terrore e perfino il problema dei reduci e del disturbo da stress post traumatico.

In questo contesto si inserisce il Mandarino, uno degli storici nemici dell’Iron Man dei fumetti, superbamente interpretato da Sir Ben Kingsley, e rivisto in una chiave inedita e molto interessante nel film. Anche se il personaggio si discosta da quello a cui la carta ci aveva abituato, nell’universo cinematografico ne viene esaltato il legame con il mondo della comunicazione, facendone una sorta di parodia di Bin Laden, feroce e spaventosa, ma al tempo stesso ricca di una vena di humor amaro, capace di far ridere e riflettere sulle paranoie americane. A lui si affianca come antagonista l’Aim di Aldrich Killian (Guy Pearce), che sta sperimentando un’invenzione della dottoressa Maya Hansen (Rebecca Hall) chiamata Extremis, capace di opporre la potenza del fuoco al metallo delle armature di Iron Man.

Il bravo e irresistibile Robert Downey Jr. non tradisce il suo iconico Tony Stark ed è supportato da un cast eccellente, con una Pepper Potts (Gwyneth Paltrow) sempre meno “principessa da salvare” e più donna d’azione, e un James “Rhodey” Rhodes (Don Cheadle) che sveste i panni di War Machine per diventare Iron Patriot, mettendo in evidenza la cattiva retorica dietro il nazionalismo americano. Nel cast torna anche Jon Favreau che lascia la regia al bravo Shane Black per concentrarsi solo sul ruolo di Happy Hogan. Ottime le scene d’azione, con alcune sequenze spettacolari e ben costruite, e si rivela vincente l’idea di mettere più in evidenza l’uomo che la macchina, con un Iron Man che spesso combatte solo con pochi pezzi o con armature mal funzionanti. A tratti sembra di trovarsi in un film di spionaggio con il lato supereroico che rimane sullo sfondo.

Ottimo l’aspetto visivo, con un 3D senza sbavature, ricco di dettagli e accompagnato da movimenti molto fluidi. Buona anche la colonna sonora, anche se non memorabile, a parte il brano di apertura, una vera sorpresa, soprattutto per gli italiani cresciuti negli anni Novanta. L’unico difetto di questo capitolo sta in una sceneggiatura che seppure capace di ribaltare la situazione con colpi di scena inaspettati, presenta un eroe che ha a che fare con un mistero di cui il pubblico conosce già la soluzione o sequenze in cui la naturale conclusione è ovvia. Questo unito a una trama che presenta alcuni agganci poco scorrevoli potrebbe far storcere il naso a qualche spettatore, ma non si tratta di ombre capaci di oscurare il valore di un film che mantiene altissimo il livello del franchise più fortunato dei Marvel Studios.

Ultima nota per l’immancabile scena aggiuntiva: questa volta non ci sono anticipazioni  scottanti su film futuri ma solo un piccolo siparietto comico insieme a un vecchio collega vendicatore. Divertente, ma niente di speciale: dopo essersi sorbiti i titoli di coda più lunghi della storia di Hollywood ci si poteva aspettare qualcosa di più.

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