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Cris Tridello

Cris Tridello

Speciale Paco Roca: un autore tutto d'oro

Paco Roca è stato ospite di Tunué a Romics il 6 e il 7 aprile; alla fiera capitolina l'autore spagnolo è stato uno degli ospiti d'eccezione e ha ricevuto il Romics D'Oro. Grazie a Tunué siamo riusciti a ottenere un'intervista esclusiva, che pubblichiamo di seguito insieme ai collegamenti alle recensioni di molti dei suoi lavori e a un’analisi sul fumetto sociale di cui Roca è diventato uno dei maggiori esponenti con il capolavoro Rughe, trasposto in animazione da Ignacio Ferreras.
Prima di lasciarvi alla lettura ringraziamo Tunué per il supporto dato e vi ricordiamo il blog ufficiale italiano di Roca curato dalla casa editrice di Latina che oltre alle notizie riguardanti l’autore aggiorna periodicamente il calendario delle proiezioni Italiane del film "Arrugas".

Buona lettura.

Intervista a cura di Tridello Cris e Fabiano Dimatteo

Minirecensione di L'inverno del disegnatore

Recensione di Memorie di un uomo in pigiama

Recensione di Il gioco lugubre

Analisi: Il fumetto sociale e i casi Rughe e Maria e Io


Comicus_dedica_PacoCiao Paco e benvenuto su Comicus.
Partiamo dalle notizie più recenti: il premio Romics d'Oro che ti appresti a ritirare. Non è la prima volta che vieni in Italia, ma negli ultimi anni la tua fama internazionale è enormemente aumentata e sei diventato uno dei portavoce del fumetto sociale. Quanto è cambiata la tua vita personale in questi ultimi anni e quanto il tuo modo di lavorare?

 

La mia vita e il mio lavoro sono cambiati moltissimo, visto che adesso per presentare e promuovere i miei fumetti devo viaggiare spesso e in molti posti. Tutto questo interrompe il normale ritmo di lavoro, ma ovviamente comporta una serie di benefici, economici e non solo – per esempio, il fatto stesso di poter guadagnare facendo l’autore di fumetti.

Parliamo della tua opera più famosa: Rughe. Quando lavoravi a questo libro, qual era lo scopo che ti eri prefissato? L’Alzheimer e l’impatto che ha nella vita degli anziani è solo il tema principale che emerge, ma nel fumetto penso volessi mettere in evidenza la vita di persone anziane che vengono dimenticate dalla società in strutture appositamente create per alleviare i sensi di colpa. Col tempo, però, la malattia è diventata la principale attrattiva di Rughe e tu oggi sei considerato un esperto. Ti senti veramente così? Col senno di poi cambieresti qualcosa in quella storia?

Il mio obiettivo quando lavoro a qualsiasi storia è: comprendere qualcosa. Cercare di approfondire un problema, entrare in empatia con chi vive una determinata situazione. Nel caso di Rughe, ho sentito l’esigenza di capire come si sentissero i miei genitori, come loro vivessero la vecchiaia. Più che la malattia in sé, il tema centrale è la solitudine e l’isolamento delle persone. Non mi sento affatto un esperto di Alzheimer, per quanto molti amici, quando dimenticano qualcosa, mi chiamino per chiedermi se sono malati o no. Posso solo dire che può capitare di dimenticare dove stanno le chiavi di casa; dimenticare invece a che cosa servono le chiavi, quello è il segno di qualcosa di più grave. Se cambierei qualcosa di Rughe? Cambierei moltissime cose: dialoghi, disegni, scene intere. Per fortuna non si può modificare un libro dopo la sua pubblicazione, altrimenti starei sempre lì a correggere e non avrei modo di fare nient’altro.

"Rughe", il film tratto dal tuo fumetto e diretto da Ignacio Ferreras, ha vinto numerosi premi tra cui quello della Giuria al Festival di Annecy e il Goya come miglior film d’animazione. Quanto è merito di Ignacio Ferreras e quanto invece dell’opera originale da te scritta?

Prima di conoscere Ignacio, mi sentivo come un genitore costretto ad affidare il proprio figlio a uno sconosciuto. Poi mi sono reso conto che eravamo molto in sintonia, e che lui aveva preso a cuore il soggetto. Ha fatto un gran bel lavoro, e senza dubbio il film appartiene più a lui che a me.

Pensi che il film d’animazione sia più potente e possa raggiungere più persone rispetto al libro da cui è tratto? Quanto differiscono le due opere e in che maniera coinvolgono lo spettatore/il lettore le due esperienze?

Il cinema è sicuramente un mezzo più potente perché raggiunge un pubblico più numeroso e variegato rispetto ai lettori di fumetti. Ma se un film si impone in tutto e per tutto allo spettatore, il fumetto lascia al lettore un certo margine di libertà: la possibilità di tornare indietro o saltare in avanti nella storia, di decidere il ritmo dell’azione, di completare con l’immaginazione lo spazio bianco tra le vignette.

In Emotional World Tour una delle parti più divertenti è quella dove ricordavi le varie fiere del fumetto e di come le file chilometriche fossero altrove. In questi anni la fila davanti a te nelle fiere è aumentata? Ti chiedono ancora di disegnare Batman?

Decisamente le cose sono molto cambiate! Adesso la gente mi conosce un po’, e in Spagna ma anche all’estero mi capita sempre più spesso di conoscere lettori che chiedono di me e dei miei personaggi.

Cosa accomuna Rughe a Maria e io oltre al fatto di essere diventati, contemporaneamente, titoli di punta del fumetto sociale? Ti vedi o senti ancora con Gaillardo e conservi ancora i regali che ti hanno fatto durante il vostro tour?

Entrambe le storie hanno tentato di aprire la strada a un fumetto che abbia come argomento problemi quotidiani e non le avventure straordinarie di supereroi. In tutti e due i casi si parla di una grave malattia e si cerca di affrontarla da una prospettiva per quanto possibile ottimista. Io e Gallardo siamo tuttora grandi amici, appena possibile ci sentiamo e ci teniamo aggiornati sul nostro lavoro. Per quanto riguarda i regali, ehm, diciamo che può sempre capitare di dimenticarsi qualcosa nella stanza d’albergo o in aeroporto…

Ne L’inverno del disegnatore hai parlato della lotta per i diritti d’autore, un tema caldo anche in Italia. Quanto è cambiato il mondo del fumetto iberico da quando hai iniziato ad oggi?

Il mondo del fumetto è cambiato in tutti i sensi. All’epoca in cui è ambientata la storia non tutti potevano permettersi di andare al cinema, non c’era la tv, non c’era internet: il fumetto era la principale forma di cultura popolare, per questo era diffuso ovunque e tutti lo leggevano. Ora è difficile, per non dire impossibile, avere quella popolarità. C’è da dire che, mentre all’epoca il fumetto era puro intrattenimento, rivolto soprattutto ai bambini o comunque pensato per divertire, oggi si avvia a diventare qualcosa di più profondo e collegato ai problemi del quotidiano. Dagli anni Novanta in poi, il più grande cambiamento nel panorama del fumetto, non solo iberico, è la diffusione del graphic novel, che ha rivoluzionato i contenuti (da qui la nascita del “fumetto sociale”) e reso più vasto e variegato il pubblico dei lettori.

In una semplice storia breve hai saputo riassumere e spiegare la crisi economica europea meglio di molti libri. Com'è la situazione in Spagna, per te, e cosa dovremmo fare per uscirne a tuo parere?

Penso che la prima cosa da fare sia ammettere definitivamente che il passato era un’altra cosa e la società che c’era prima della crisi non tornerà più. C’è solo la possibilità di costruire qualcosa di nuovo, e, speriamo, migliore.

Alterni opere diaristiche come Memorie di un uomo in pigiama o Emotional World Tour ad altre più intimiste, come Rughe e Il gioco lugubre, o documentaristiche come L'inverno del disegnatore. Come riesci a alternarti tra i generi e da cosa nasce la necessità di approcciarti a un’opera in una certa maniera piuttosto che in altra? Ritieni il tuo stile di disegno sempre adatto a quanto vuoi raccontare o lavori ogni volta in modo da adattare il tuo segno e le scelte cromatiche all'esigenza?

Ogni libro è sempre legato a quello che lo precede, perché il lavoro già fatto ti fa maturare e condiziona la scelta di quel che farai dopo. Per esempio, dopo Rughe, una storia impegnativa e legata ai problemi quotidiani della gente, avevo bisogno di cambiare tono e da qui è nato Emotional World Tour, che, per quanto legato a Rughe, è sicuramente più leggero e divertente. Dopo un lavoro di un certo tipo hai bisogno di qualcosa che ti rinnovi e che non ti faccia ripetere quel che hai già fatto. Anche le scelte cromatiche si legano all’argomento: Rughe ha colori autunnali, Memorie toni più vivaci, L’inverno alterna, insieme con la storia, colori più spenti e colori più vividi. Per quel che riguarda lo stile, non sono così bravo da riuscire a cambiarlo di volta in volta. Cerco di affinarlo, di renderlo utile a raccontare quel tipo di storia, ma non riesco mai a cambiarlo del tutto.

Parliamo di te e dei tuoi inizi. Quando hai realizzato di voler diventare un autore professionista? Chi sono o sono stati i tuoi riferimenti artistici e cosa deve essere per te il fumetto (e cosa, invece, non deve essere)?

Per quel che mi ricordo, fin da bambino volevo disegnare fumetti, e ho avuto la grande fortuna di realizzare questo sogno. I miei punti di riferimento sono di sicuro i capolavori del fumetto franco belga, e quindi Asterix, Tintin, Spirou. A questi si aggiungono Jiro Taniguchi, Jack Kirby, Chris Ware, Vittorio Giardino, Otomo, Crumb, Joe Sacco e, perché no, le grandi firme del fumetto americano sui supereroi. Non me la sento di dire che cosa il fumetto deve o non deve essere. Credo che tutte le strade sono valide, sia che si tratti di albi sui supereroi che di fumetto sociale.

Tra tutti i tuoi lavori ce n’è uno a cui sei più legato? Quale, invece, reputi il meno riuscito?

Di sicuro resto molto affezionato a Il gioco lugubre, che è il mio primo graphic novel, realizzato interamente da me. E poi, certo, non posso non nominare Rughe, che mi sta dando ancora di che vivere, con tutto quello che ha portato con sé, premi, film... Per quel che riguarda la seconda domanda, mi viene da dire Emotional World Tour: non perché lo ritengo il meno riuscito dei miei lavori, ma perché penso sia il meno compreso, considerato sempre e solo come un’appendice di Rughe e non per quello che è, una testimonianza di esperienze e incontri particolarmente toccanti e memorabili.

Domanda finale obbligatoria. Su cosa sta lavorando ora Paco Roca e cosa dobbiamo aspettarci da te in futuro? C’è possibilità di vederti ancora lavorare con la Marvel (o la DC Comics)?

Sto lavorando a due progetti: Los surcos del azar, un graphic novel di circa trecento pagine sulla storia vera di un gruppo di esuli durante la Guerra Civile spagnola, e la trasposizione in film d’animazione di Memorie di un uomo in pigiama – di quest’ultimo progetto non posso dire molto, visto che al momento si sta discutendo di come finanziarlo... Mi piacerebbe lavorare sui supereroi, visto che da bambino li amavo moltissimo. Ma non mi accontenterei di disegnarli e basta, dopo tre pagine mi mancherebbero la motivazione e la voglia. Se potessi avere carta bianca e libertà assoluta su come trattare personaggi e storie, lo farei senz’altro.

Grazie mille della disponibilità da parte nostra e di tutti i nostri lettori.

Grazie a voi! E… Hasta luego!

Il film "Rughe" arriva in Italia

  • Pubblicato in Toon

La notizia è in rete da un po' ma la diamo questa settimana in quanto è proprio da qeesto sabato che inizierà a essere presentato in Italia "Arrugas" di Ignatio Ferreras. Il film, vincitore di numerosi premi internazionali tra cui spicca il premio Goya per miglior film d'animazione e miglior adattamento, è tratto dall'opera omonima di Paco Roca pubblicato da Tunué nel 2008, più volte ristampato e da poco nuovamente esaurito.
EXITmedia distribuirà il film in Italia, presentandolo ai vari festival del settore.
Di seguito i primi appuntamenti, ma vi invitiamo a collegarvi alla pagina ufficiale, facente parte del blog ufficiale Italiano di Paco Roca, per gli aggiornamenti:

-sabato 20 aprile ore 17:30 - Mosaico d’Europa Film Fest – Ravenna

-mercoledì 24 aprile ore 22:30 - Cinemaspagna - Teatro Instabile Miela – Trieste

-14-16 giugno - Festival del Cinema Spagnolo - Cagliari

Di seguito il trailer del film con i sottotitoli in Italiano. Vi diamo appuntamento a tra pochi giorni per l'intervista a Paco Roca che abbiamo raccolto in esclusiva a Romics grazie a Tunué.

Soy de pueblo - La provinciale.

per tornare all'intervista alle autrici clicca qui.

La vita in paese non è adatta alla ragazza in carriera che sogna l’emancipazione e il riconoscimento di sé come individuo autonomo e non come tassello di una realtà rurale. Se si ricerca il successo (personale e/o lavorativo) e la fama si sa che l’unica maniera per ottenerla è uscire dall’ambiente natio per andare nel posto dove i sogni di gloria sono possibili: la città.
È lì che tutto succede: la gente è alla moda, in discoteca ci si va solo se in lista, si possono frequentare i posti giusti e conoscere le persone giuste può aprirti le porte al lavoro giusto (da iniziare con lo stage giusto). Nella vita di città tutto è social, tutto è cool, indy, trendy e all’avanguardia, tutto è 2.0. Soprattutto, è in città che puoi disfarti della tua provincialità e diventare una vera ragazza moderna…o no?

Soy de Pueblo – La provinciale è un volume che analizza e ridicolizza certi gruppi sociali moderni e le dinamiche a essi associati. La protagonista è una ragazza bionda che indossa perennemente Rayban e un sorriso ebete; lasciata la cittadina d’origine per recarsi a Madrid e cercare un posto in un fashion magazine, anela soprattutto a quel genere di vita che solo in città si può fare, fatto di locali alla moda, party esclusivi, lavori fighi e tutte le aspirazioni che una ragazza moderna deve avere. Il luogo è solo un pretesto e quanto raccontato può essere facilmente trasposto a Milano, Bologna, Roma o qualsiasi grande città italiana. Per questo, soprattutto se si conoscono un poco l’ambiente descritto e le dinamiche sociali a esso legate, non si potrà non sorridere nel vedere così efficacemente ridicolizzata l’ascesa sociale del DJ (da nullità a DJ di moda in quattro passaggi) o la descrizione del buttafuori e dell’importanza della coda fuori dai locali esclusivi.
A farci sorridere è soprattutto la Moderna de Pueblo (nome della protagonista, traducibile in italiano con “provinciale alla moda”) che vive il suo stato d’inadeguatezza col sorriso tra le labbra e non riesce a integrarsi perfettamente con la vita di città (che, sotto sotto, non capisce) ma che, anche quando torna al paese natio, non sa far altro che rimpiangere gli “agi” che solo la vita cittadina sa offrire.

Nel volume le due autrici, Raquel Córcoles e Marta Rabadán, utilizzano la forma diaristica (o, meglio, del "blog cartaceo") che, più che creare una storia con un filo conduttore dall’inizio alla fine, racconta le peripezie delle Moderna e affronta le singole situazioni in capitoletti che durano una pagina o poco più. Il metodo utilizzato ha tuttavia il pregio principale di analizzare il discorso dal punto di vista di chi l’esperienza l’ha vissuta (o la sta vivendo), appartiene al gruppo sociale in causa e sa prendersi in giro per come vive e per quello che fa. Non c’è saccenza nelle vignette delle due ma solo una gran capacità di autoanalisi e autoironia.

Le due provengono da studi pubblicitari e l’approccio usato per il loro primo volume ne è infatti fortemente debitore. Il segno è grafico e funzionale, ma parlare di vero e proprio fumetto è troppo. Ciò comunque non deve essere considerato un difetto, anzi è probabile che questa scelta renda più facile l’avvicinamento al prodotto da parte di chi normalmente il fumetto non lo legge.

Raquel, Marta e il personaggio da loro creato in patria hanno riscosso (e stanno riscuotendo) un gran successo, tanto che il confine tra autrici/personaggio/opera è talmente labile da essere considerato un tutt’uno.
Il volume Hop! é presentato in una confezione adeguata e conforme alla linea editoriale che, ricordiamo, annovera le opere di Pénélope Bagieu, altro fenomeno nato dal web che sta spopolando in Francia.
Soy de Pueblo – la provinciale – manuale per sopravvivere in città è un prodotto che, se ben collocato e presentato nei posti giusti, può avere un enorme successo. Sempre che si sia disposti a riconoscersi in esso e a ridere di se stessi.

Soy de Pueblo - una provinciale spagnola in Italia

Soy de Pueblo. La Provinciale - Manuale per sopravvivere in città è il nuovo libro della giovane HOP!, casa editrice tutta al femminile che ha creato, con "la vie en rose", una catalogo che guardasse al solo pubblico femminile.

Il lavoro di Raquel Córcoles e Marta Rabadán è un successo in Spagna e le due autrici sono state ospiti della casa editrice alle passate Mantova Comics & Games e Cartoomics, fiere in cui è stato presentato il libro. Quella che segue, pur sempbrando una vera e propria intervista, è una summa tra le domande poste alle conferenze delle due fiere e quelle che Comicus ha fatto direttamente alle autrici.
Oltre all'intervista vi proponiamo il booktrailer e la recensione del libro.
Ringraziamo Lorenza Tonani (direttrice editoriale Hop!) e le due autrici Córcoles e Rabadán per la disponibilità dimostrata.

Buona lettura!

Recensione di Soy de Pueblo - La provinciale


copertina_Soydepueblo_fronte_low3Soy de Pueblo è uscito nel 2011. Com'è nata l'idea? Sappiamo di un concorso vinto e una borsa di studio (la "Beca Carnet Jove 2010"), potete raccontarci di più?

Raquel e Marta: Non avevamo la più pallida idea di come fare un fumetto, ma abbiamo visto il concorso, ci piaceva  questo mondo, e abbiamo voluto partecipare. Incidentalmente abbiamo vinto, siamo state chiamate e ci hanno detto che pubblicavano il libro. Abbiamo dovuto imparare a disegnare nel giro di tre mesi.

Questo fumetto ha avuto un successo crescente in Spagna; come vi siete divise il lavoro? Avete lavorato gomito a gomito o a distanza?

R: Marta si è trasferita da me, visto che lei aveva il computer più grande. All'inizio ci siamo guardate e ci siamo dette a vicenda: "Ma tu lo sai fare"? Poi ci siamo messe con la testa in spalla e io mi sono concentrata sui personaggi mentre Marta sulle ambientazioni e tutto ciò che faceva da contorno. Venivamo entrambe dal settore grafico/pubblicitario quindi l'impostazione del nostro fumetto è più grafico che illustrativo.

La vostra amicizia è uscita rafforzata dal vostro lavoro su Soy de Pueblo? Vi conoscevate già prima di questo lavoro?

M: Ci siamo conosciute in un agenzia pubblicitaria e appena io ho visto Rachel, così bionda e carina, l'ho odiata. Poi, un giorno, l'ho vista piangere per un uomo e ho realizzato che anch'io a volte ho fatto lo stesso, anch'io sto male per le stesse cose e ci siamo avvicinate. Il libro ci ha fatto conoscere di più e legare di più. Ora siamo amiche vere ma all'inizio ci sono stai momenti...diciamo critici.

Soy de Pueblo è la storia d una provinciale che approda in una metropoli e vuole entrare a far parte di tutte quelle dinamiche tipiche da metropoli. Vuole entrare in questo mondo, sfondare e avere l'ambizione e la determinazione giusta. È il momento di svelare da dove venite, qual'è  il più piccolo dei vostri paesi? Quando e perché vi siete trasferite in città e per fare cosa? Che studi avete fatto?

R&M: Siamo nate in un paesino di 10.000 abitanti vicino ad Alicante, il paese vicino più grande è Deus che fa forse 100.000 abitanti È vicino a Barcellona e tutti pensano che sia un posto cosmopolita ma non lo è. Ce ne siamo andate per poter fare delle cose senza che lo sapessero tutti, per poter essere Rachel e Marta e non "la figlia di.." o quella che al liceo ha preso il voto tale in scienze, piuttosto che in matematica. Abbiamo studiato giornalismo e pubblicità e Marta anche psicologia.

Non è solo il fumetto ad avere avuto successo in Spagna ma anche e soprattutto il personaggio vero e proprio della Moderna de Pueblo. È nato un personaggio che sta diventando, in Spagna, un fenomeno sociale. Capita di leggere dei tweet dove i lettori si meravigliano che la Moderna de Pueblo abbia scritto un libro. L'opera insomma sta diventando secondaria rispetto al personaggio. Un altro tweet diceva che una volta nell'immaginario femminile c'era Ameliè e oggi c'è La Moderna de Pueblo, che ha sostituito il personaggio francese. Siete d'accordo con questo paragone, cosa ne pensate? Tutto questo successo vi sta spaventando?

R&M: Magari fosse come Ameliè, la moderna è un personaggio reale e molto più vicina alla realtà.

Troviamo che il libro sia una mitragliata alla società 2.0 e alla società del web che tutto crea e tutto vede. La Moderna è un personaggio che vuole entrare in questo mondo...da una parte lo critica, ma dall'altra vuole entrarci. La stessa cosa si può dire per il mondo dell'illustrazione dove sono in tanti a provare ma in pochi a farcela. Voi che ce l'avete fatta, cosa ne pensate?

R&M: Rispondendo per primo al secondo punto diciamo che è possibile arrivare ad avere successo, ma noi abbiamo avuto fortuna. Tornando al primo punto l'impressione sul libro è giusta, c'è la critica a quel mondo ma anche la volontà di entrare a farne parte. Questa ambivalenza vale anche per noi: il mondo della Moderna ci piace, siamo felici di esserci entrate però rimaniamo anche noi stesse.

Quindi l'analisi al mondo nel quale la Moderna vuole entrare l'avete fatta da interne o da esterne?

R&M: Da interne ma noi raramente ci prendiamo troppo sul serio. Infatti il bello di questo fumetto è che possiamo prendere in giro tutti quelli che invece affrontano il fenomeno seriamente e proprio per come si prendono sul serio.

Quando tornerete in Spagna uscirà il secondo volume. Ci sarà tutta una attività di merchandising e Moderna de Pueblo uscirà anche su un settimanale...insomma state diventando delle star. Com'è cambiata la vostra vita? Per esempio Rachel non sarà con noi per due giorni perché deve andare a fare uno spot per la Reebok...

R&M: La prima volta che ci hanno intervistate eravamo talmente nervose che pur essendoci telefonate e messe d'accordo tra di noi siamo arrivate entrambe con la stessa maglietta. All'inizio ci siamo dette "Noooooo...dobbiamo cambiarci, non possiamo andare così" poi però abbiamo pensato al nostro fumetto e ci siamo rese conto che è esattamente come avrebbe fatto la Moderna e siamo andate. Noi comunque non ci sentiamo cambiate, ci stupiamo sempre di essere chiamate, di poter essere qui in Italia...e a gratis!!!

Non ci sono mai gli occhi in Soy De Pueblo e volevamo capire il perchè. Lorenza (di Hop! ndr) pensava a motivi filosofici o di crisi d'identità. Ma i motivi sono altri giusto?

R: Sì,ho provato con tanti occhi ma ogni volta mi ricordava  qualcosa che già c'era, un manga o qualcosa d'altro. L'assenza di occhi è diventata una caratteristica ben riconoscibile della nostra opera.

Prima del comic c'era il blog "Mi vida en Madrid" e ora c'è modernadepueblo.com Chi di voi due continua a aggiornare il blog e pensate che i diversi impegni permetteranno di aggiornarlo e seguirlo con costanza (ad esempio Pénélope Bagieu ha molto calato la sua attività sul suo seguitissimo blog e ciò è stato criticato dai fan)?

M: Inizialmente ce ne occupavamo entrambe. Ora se ne occupa più Rachel e non abbiamo nessuna intenzione di abbandonare il blog o facebook perchè il riscontro col pubblico è immediato. Un giorno pubblichi una cosa e vedi 3000 mi piace e capisci che funziona, il giorno dopo magari un'altra cosa ne riceve meno e ti chiedi cosa c'è che non va. Sicuramente non abbandoneremo questi mezzi anche se, inevitabilmente, un po' di calo c'è stato visto che ora abbiamo lavori "reali".

Avete mai pensato di allargarvi in altre attività oltre al solo fumetto?

R&M: Ci abbiamo pensato ma no...la Moderna è un personaggio reale e infatti le può succedere di tutto e evolve. Ci si affeziona e la si segue in attesa di cosa succederà dopo. Ce l'immaginiamo con una vita lunga.

L'aneddoto più bello e più  brutto del vostro arrivo in città?

R&M: siamo state invitate a un festival, nella zona Vip. Eravamo molto fan di questo gruppo musicale. Noi pensavamo: "siamo in zona Vip, possiamo stare vicine al palco e ai cantanti" ma ciò non era vero. Noi eravamo convinte di essere "normali" ma invece abbiamo passato il concerto a pregare le guardie di farci passare...perdendoci ogni canzone.

Questa è una figuraccia...ma una esperienza negativa? Una cosa brutta?

R: Appena arrivata in città c'era stato l'attentato alla metropolitana a Madrid.  La mia famiglia mi ossessionava e io ero molto spaventata...al primo appuntamento con un ragazzo a un certo punto mi sono messa a gridare: "un attentato, un attentato, corriamo" invece poi erano solo dei venditori abusivi che scappavano perché arrivava la polizia.

M:Ho trovato molte differenze nel liguaggio ...parole che non capivo e che gli altri non capivano.

Il fumetto termina con la Moderna de Pueblo che partita da un paesino non vive più bene neanche Madrid....la seconda tappa è Londra e poi ci sarà internazionalità ancora maggiore e magari nei prossimi numeri  ci saranno esperienze oltreoceano. Voi avete vissuto esperienze così, magari in stage o tirocinio all'estero?

M:Io ho fatto l'esperienza all'estero...e sono tornata solo perché non sono riuscita a rimanere. Non sono riuscita a rinnovare il visto altrimenti restavo là.

R:Io invece sono proprio "de Pueblo"....ho fatto tre settimane a Londra e poi sono tornata a Madrid.

Infine, quanto l'hipster in Italia è differente dallo spagnolo o francese?

R&M: Sicuramente ci sono molte differenze. Già da Madrid e Barcellona ci sono differenze, figuriamoci tra uno stato e un altro. La base è la stessa poi ogni città o stato trova la sua strada.

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