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Alien 1 - Linea di sangue, recensione: urlare nello spazio, di nuovo

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A seguito della recente acquisizione della 20th Century Fox da parte della The Walt Disney Company, le property più celebri del glorioso studio cinematografico hanno trovato spazio nella già ricca library della Casa del Topo. Una bulimia che aveva già portato negli anni la Disney, ricordiamolo, ad acquistare negli anni precedenti dei brand chiave dell’entertainment come Lucasfilm e Marvel Comics. Proprio la Marvel, come conseguenza del ritrovarsi improvvisamente nella stessa famiglia con la Fox, ha avuto accesso a proprietà celebri dello studio come Alien e Predator e la possibilità di dedicargli della collane a fumetti. Uno sviluppo curioso, visto che la storia a fumetti dei due franchise, nasce negli anni ’80 proprio come tentativo di un editore, la Dark Horse Comics, di fare concorrenza alla stessa Marvel.

È il 1988 quando la Dark Horse, pioniera dell’editoria indipendente, decide di sfidare sul piano delle vendite Marvel e DC. Non potendo contare su un universo supereroistico, la casa editrice di Portland, nella persona del suo capo redattore, Mike Richardson, ha un’idea geniale: acquisire i diritti di sfruttamento di un marchio cinematografico di successo. È ancora fresco il successo di Aliens – Scontro Finale di James Cameron del 1986, quindi la scelta diventa ovvia. Aliens, la serie a fumetti, debutta due anni dopo il film di Cameron e due anni dopo la stessa fondazione della Dark Horse, segnando un incredibile successo di vendite e l’avvio di un universo espanso a fumetti che durerà più di trent’anni, fino al recente cambio di editore.

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Trovandosi per le mani un franchise storico di tale portata, la Marvel ha optato per un saggio “back to the basics”, un ritorno a quegli elementi caratteristici che hanno determinato il successo ultradecennale della saga dello xenomorfo. E, parlando di Alien, non c’è niente di più tipico che ritrovarsi a lottare per la propria sopravvivenza contro uno xenomorfo in una stazione orbitante nello spazio, dove nessuno può sentirti urlare.
Per Alien- Linea di sangue (Panini Comics), la prima scelta importante riguarda il team creativo. Phillip Kennedy Johnson è uno sceneggiatore in rampa di lancio, autore di un ottimo ciclo di Action Comics attualmente in corso di pubblicazione. È inoltre in possesso di un background militare personale che non può che fargli comodo trovandosi a scrivere di marine, per quanto in un contesto fantascientifico. Ai disegni troviamo invece un veterano della Casa delle Idee, lo spagnolo Salvador Larroca, una scelta che potrebbe apparire conservativa e che invece, come vedremo si rivela assolutamente funzionale alla riuscita del progetto.

La serie si svolge nel 2200, dopo la trilogia cinematografica originale, e ha sempre al suo centro le macchinazioni della spietata multinazionale Weyland-Yutani. Un corporazione dalle losche finalità che, ottanta anni prima, non aveva esitato a mandare allo sbaraglio l’equipaggio di un suo cargo rimorchiatore, la USS Nostromo, nascondendo all’equipaggio il vero scopo della propria missione, ovvero il recupero dalla luna conosciuta come LV-426 di un esemplare di xenomorfo da studiare e usare coma arma biologica. Vent’anni prima, una missione del corpo dei marine per liberare la stessa luna da una invasione di xenomorfi era finita ugualmente in tragedia.

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La narrazione segue quanto raccontato dai film di Ridley Scott e James Cameron, introducendo nuovi personaggi tra cui il protagonista Gabriel Cruz, soldato, studioso e responsabile per la sicurezza della stazione orbitante Epsilon, fiore all’occhiello della Weyland-Yutani. Dopo una vita al servizio della corporazione, alla quale ha sacrificato anche gli affetti familiari, per Gabriel è arrivato il momento della meritata pensione. Eppure non si tratta di un momento sereno della sua vita. È tormentato da strani incubi che riguardano una missione di una decina di anni prima, in cui tutti i suoi uomini sono morti lasciandolo come unico sopravvissuto. Un sintetico di tipologia Bishop (che i fan della saga cinematografica ben conoscono), messogli a disposizione dalla compagnia, lo aiuta ad affrontare i suoi demoni con sedute di psicoterapia. Ma il peggio deve ancora arrivare. A sua insaputa, il figlio Daniel si è unito ad un gruppo di ribelli anti-corporazione e, con le credenziali rubate al padre, ha favorito l’accesso di un contingente di rivoluzionari sulla Epsilon con lo scopo di sabotarla. Si imbatteranno in qualcosa di tremendo e toccherà proprio a Gabriel, minacciato dalla Weyland-Yutani, intervenire a capo di una nuova missione per salvare la base e la vita del figlio. Non daremo altri dettagli per non rovinare il piacere di un’eventuale lettura, diremo solamente che lo sviluppo degli eventi abbraccerà appieno la tradizione di Alien.

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Philip Kennedy Johnson costruisce una trama mozzafiato e claustrofobica come da consuetudine di questo franchise, strizzando l’occhio, come già detto, soprattutto ai primi due amatissimi capitoli diretti da Scott e Cameron. Fin dalle prime pagine si respira chiaramente il presagio di cose terribili che dovranno accadere, e la tensione si taglia col coltello. La scelta di Salvador Larroca come illustratore risulta perfetta funzionale alla riuscita del progetto. Lo stile del cartoonist spagnolo si è evoluto nel tempo, passando da quello dinamico pieno di influenze manga con cui si fece conoscere sul mercato statunitense degli anni ’90 a quello fotorealistico, e più statico, che cominciò a sfoggiare a partire dalla sua celebrata run su Iron Man in coppia con Matt Fraction verso la fine del decennio successivo. È questo secondo Larroca, ormai cifra stilistica definitiva dell’artista, che ritroviamo sulle pagine di Alien, in un abbinamento spettacolare. La capacità dello spagnolo di saper far recitare i suoi personaggi, unita alla capacità di produrre tavole strabordanti di azione tipica della sua generazione, si amalgama alla perfezione con lo script di Johnson. La palette di colori lividi di Guru-eFX, che richiama le atmosfere delle prime due storiche pellicole, completano un comparto grafico di tutto rispetto.

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La Marvel annuncia la serie a fumetti di Alien

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Come vi avevamo riportato, la Marvel ha ottenuto i diritti dei due universi narrativi di Alien e Predator - finora detenuti da Dark Horse - dopo l'acquisizione della Fox da parte della Disney.
Ora, la Casa delle Idee ha annunciato che a marzo uscirà il primo numero della serie a fumetti di Alien.

Lo sceneggiatore Phillip Kennedy Johnson e il disegnatore Salvador Larroca sono al lavoro sulla testata.
Johnson sta concludendo il suo lavoro su The Last God per la linea Black Label della DC, con l'ultimo numero in uscita a gennaio. Lo sceneggiatore ha anche lavorato con la Marvel su Emypre: Captain America e Marvel Zombies: Resurrection. Larroca è invece un veterano di lunga data della Marvel, l'artista sta attualmente lavorando alla serie Doctor Doom con lo sceneggiatore Christopher Cantwell.

La storia è incentrata su Gabriel Cruz, un mercenario della Weyland-Yutani che si confronta con una "nuova razza mortale" di Xenomorfi. I fan possono anche aspettarsi le apparizioni di "personaggi nuovi e classici".

Di seguito la cover di Alien #1 in uscita a marzo 2021.

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(Via SHH)

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Gli Incredibili X-Men 5-9, recensione: l'epilogo del breve e intenso ciclo di Rosenberg e Larroca

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Nell’autunno del 2017 il sito di informazione fumettistica BleedingCool riportò un rumor di una certa rilevanza: secondo il portale Ike Perlmutter, CEO della Marvel, era l’uomo dietro il ridimensionamento che la linea editoriale degli X-Men stava sperimentando da qualche anno. Come motivo della drastica decisione ci sarebbe stata l’avversione di Perlmutter nei confronti della 20th Century Fox, studio fino a quel momento detentore dei diritti di sfruttamento cinematografico dei mutanti di casa Marvel, pronto ad approfittare degli sforzi editoriali della Casa delle Idee sfruttandone i personaggi per il suo franchise cinematografico. Si verificò così la classica situazione del marito che si taglia gli attributi per far dispetto alla moglie: l’editore iniziò un sabotaggio consapevole del marchio più prestigioso e remunerativo della sua storia, affidando le testate con la “X” ad autori di secondo piano che le fecero scivolare agli ultimi posti tra le preferenze del pubblico. In poche parole, il periodo “Gold” e “Blue” che non ha lasciato certo una buon ricordo. Un vero e proprio scempio editoriale e un dolore per milioni di fan cresciuti con le saghe mutanti che, fin dai tempi di Chris Claremont, hanno incollato alla sedia generazioni di lettori. Finché l’acquisizione della Fox da parte di Disney, proprietaria della Marvel, ha nuovamente cambiato le carte in tavola.

Con gli X-Men finalmente a casa e nella disponibilità dei Marvel Studios di Kevin Feige, che provvederà a introdurli nel Marvel Cinematic Universe nei prossimi anni, era arrivato il momento di rilanciare i mutanti anche nei cari, vecchi fumetti. L’operazione non si presentava come delle più semplici, soprattutto a causa di scelte creative discutibili che negli ultimi anni avevano reso l’universo degli X-Men irriconoscibile, con lutti che avevano tolto dalla scena pilastri come Xavier, Ciclope e Wolverine e la presenza di una versione giovanile dei cinque X-Men originali trasportati nella nostra epoca per volere di un Brian Michael Bendis mai così fuori forma come nella sua gestione delle serie mutanti. La rinascita della linea degli X-Men doveva passare attraverso delle fasi preliminari, come il ritorno degli “original five” nella loro epoca, e l’opportuna resurrezione non solo dei tre personaggi fondamentali prima citati, ma addirittura di quella Jean Grey deceduta al termine del fondamentale ciclo di Grant Morrison di inizio anni duemila.

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Le tappe di questo assestamento della linea mutante sono state coordinate da un gruppo di giovani autori a cui la Marvel ha voluto dare fiducia, come Ed Brisson, Kelly Thompson e soprattutto Matthew Rosenberg. Quest’ultimo è stato il responsabile del ritorno in scena di Jean Grey nella miniserie Phoenix Resurrection, una storia dall’esito scontato fin dal titolo che lo sceneggiatore è riuscito a gestire in maniera non banale, conferendogli un’inedita atmosfera da film di David Lynch. Nonostante già dall’estate 2018 si mormorasse di un coinvolgimento di Jonathan Hickman, reduce dai fasti di Avengers e Secret Wars, nel reboot di Uncanny X-Men, la testata uscì a sorpresa con i testi del triumvirato formato da Rosenberg, Brisson e Thompson. L’accoglienza riservata alla serie non fu all’altezza delle attese suscitate, un po’ perché la saga di debutto, X-Men Divisi, sapeva di già visto e si concludeva con l’esilio di alcuni tra i principali membri della squadra nell’ennesima realtà alternativa creata questa volta da Nate Grey, X-Man, un po’ perché il vero rilancio dell’universo mutante a firma Jonathan Hickman venne annunciato ufficialmente mentre questa nuova, controversa saga era in corso, sabotandone ogni attrattiva residua. Brisson, Rosenberg e la Thompson erano quindi dei semplici traghettatori, in attesa che il quotatissimo Hickman prendesse in mano le sorti degli X-Men. In attesa del nuovo demiurgo, nessuno sospettava che l’ammiraglia delle serie mutanti avesse in canna un ultimo acuto prima del passaggio di consegne.

Con Jean Grey, Tempesta, Colosso, Nightcrawler e la maggioranza degli X-Men esiliati nella realtà alternativa di Age of X-Man, venne affidato al solo Matthew Rosenberg il compito di raccontare il ritorno di uno spaesato Ciclope e di Wolverine in un mondo privo della maggior parte dei loro compagni di squadra. A fare compagnia allo scrittore, un artista che ha fatto la storia del franchise mutante a cavallo tra gli anni ’90 e 2000: Salvador Larroca. Nei pochi numeri a disposizione prima dell’arrivo di Hickman, i due hanno creato una sequenza di storie mozzafiato.

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Tornato in vita grazie all’intervento combinato della Forza Fenice e del figlio proveniente dal futuro, Cable, Scott Summers alias Ciclope si aggira in un’America che non riconosce più, nonostante siano passati pochi mesi dalla sua dipartita narrata in Death of X. L’ex leader degli X-Men si mette in cerca dei suoi compagni di squadra, che sembrano essere svaniti nel nulla. La sua ricerca attira l’attenzione di vecchi avversari come Donald Pierce e i cyborg assassini noti come Reavers, che gli tendono un agguato. Ma quando la situazione sembra precipitare, Scott riceve l’aiuto inaspettato di Wolverine, tornato a sua volta in vita nella miniserie Return of Wolverine. Dopo aver sgominato i vecchi avversari, i due decidono di radunare quello che resta degli X-Men. Per quello che ne sanno, la maggior parte dei loro compagni di squadra è passata a miglior vita, ignorando che sono prigionieri della realtà di Age of X-Man. Scott e Logan riescono a rintracciare e a coinvolgere nel loro progetto di rimettere insieme la squadra alcune vecchie conoscenze come Havok, Madrox l’Uomo Multiplo e quel che resta dei Nuovi Mutanti: Magik, Moonstar, Karma e Wolfsbane. Ciclope stila una lista di vecchi avversari ancora in giro, mine vaganti a piede libero da troppo tempo, e convince il resto della squadra a passare all’azione. Le cose si riveleranno un po più complicate del previsto: bisognerà innanzitutto sopravvivere alla persecuzione del Generale Callahan e del suo O.N.E., unità militare dedita alla caccia e alla sterminio dei mutanti, e al ritorno di una vecchia fiamma di Ciclope che potrebbe aver fatto di nuovo il salto della barricata.

In soli 11 numeri, Rosenberg e Larroca recuperano il mood classico delle migliori storie degli X-Men, dopo anni in cui il franchise è stato allo sbando: puro fan-service che omaggia le atmosfere tradizionali delle serie mutanti, soprattutto la lunga gestione di Chris Claremont. Sapendo di avere a disposizione pochi numeri, Rosenberg mette nel frullatore tutti gli ingredienti che hanno reso la saga degli X-Men la più amata della storia del fumetto americano: come ai tempi di X-Chris, Uncanny X-Men torna a parlare di un gruppo di persone che lotta per trovare il proprio posto in una società che non li vuole. Per puro caso, poi, queste persone sono dotate di superpoteri, sparano raggi concussivi dagli occhi ed estraggono artigli di adamantio dal dorso delle mani lottando per salvare, come recita il celebre adagio, “un mondo che li teme e li odia”. Anche i costumi indossati dai personaggi sono allo stesso tempo un omaggio ai vecchi tempi e un regalo ai lettori, interpellati via social dall’editor Jordan White per sapere quali uniformi avrebbero gradito rivedere. Così Ciclope indossa quella gialla e blu, con immancabili tasche anni ’90, del periodo di Jim Lee, mentre Wolverine torna all’iconico costume marrone ideato da John Byrne negli anni ’80.

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Ma Per Sempre e Ci siamo sempre stati, i due archi narrativi della breve gestione Rosenberg ospitata in Italia nei numeri compresi tra il 5 e il 9 della nuova serie de Incredibili X-Men targata Panini Comics, non sono solo un calco riuscito di alcune tra le migliori storie del passato, tra atmosfere persecutorie e riusciti momenti intimisti: il giovane emulo di Claremont sembra portare avanti anche un interessante discorso meta-fumettistico. I suoi X-Men, pagina dopo pagina, prendono botte da orbi dalle quali non riescono a rialzarsi, denunciando un’inadeguatezza straniante per i fan che da anni aspettavano di rivederli. È come se Rosenberg rassicurasse i lettori restituendo loro i personaggi che volevano nei loro costumi preferiti, ma li tradisse subito dopo dicendo che i tempi sono cambiati e sono diventati troppo cupi e difficili per le tutine sgargianti della loro adolescenza. La sfida raccolta da Ciclope e dalla sua squadra è troppo grande da affrontare con i mezzi del passato, e il finale aperto implica che ci vorrà qualcosa di diverso per parlare, oggi, della questione delle minoranze oppresse celata dietro alla grande metafora mutante. Quel “qualcosa” è il nuovo ciclo di Jonathan Hickman, atteso da enormi aspettative e appena giunto anche da noi.

Nonostante sia stata concepita come un breve intermezzo prima del vero rilancio, la sequenza di storie degli X-Men firmate da Matthew Rosenberg ha colto l’essenza dei personaggi e si avvia a diventare un piccolo cult, anche grazie ai disegni del grande Salvador Larroca, nume tutelare della Marvel degli anni ’90 e della storia degli X-Men. L’artista spagnolo non è nuovo alle testate mutanti: ricordiamo infatti il suo debutto americano in un bel ciclo di Excalibur e, soprattutto, gli X-Treme X-Men realizzati in coppia con Chris Claremont, un nome che, quando si parla di X-Men, salta sempre fuori. La scelta editoriale di far disegnare un ciclo del genere a Larroca è fortemente simbolica: solo un artista così profondamente coinvolto nella storia dei mutanti poteva disegnarlo. E lo spagnolo non tradisce le attese: dopo un primo numero dalla resa cromatica incerta, dovuta soprattutto alla prova discutibile della colorista Rachelle Rosenberg (nessuna parentela con lo scrittore), il disegnatore si sbizzarrisce in tavole piene d’azione e di esplosive splash-page, conferendo al tutto un look anni ’90 che calza a pennello. E quando gli X-Men immortalati da Larroca scendono in campo sotto la guida di Ciclope e Wolverine, la certezza che i ragazzi siano tornati in città è automatica.

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Doctor Doom #1: anteprima della nuova serie del Dottor Destino

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Annunciata durante lo scorso Comic Con di San Diego, esce oggi negli State il primo numero della serie dedicata al Dottor Destino. Intitolata Doctor Doom, la testata è scritta dal creatore di Halt & Catch Fire Christopher Cantwell ed è disegnata da Salvador Larroca.

Un attacco terroristico uccide migliaia di persone e Victor Von Doom è il principale sospettato. Per questo motivo si troverà totalmente da solo, senza patria, senza esercito e senza alleati.
Le cover della serie saranno ad opera di ACO.

Di seguito potete vedere un'anteprima di Doctor Doom #1.

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